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Nonostante si proponga come superamento di ogni ideologia, quella del merito è anch’essa un’ideologia, una precisa e strutturata visione del mondo. In questa visione, il concetto di cittadinanza muta la sua forma e perde la sua sostanza. Il merito non è costruito intorno ai cittadini, ma intorno agli utenti, ai clienti.
Il merito è diventato parte integrante del discorso pubblico. In tutti i campi della vita sociale viene evocato come orizzonte di cambiamento o come chiave di volta per qualsiasi progetto di riforma. Con la sua promessa di uguaglianza, l’idea di garantire opportunità lavorative, posizioni di responsabilità e mobilità sociale esclusivamente ai meritevoli, indipendentemente dalle loro condizioni di partenza, e di penalizzare i non meritevoli, esercita una comprensibile attrazione. In Italia questa attrazione è ancora più forte, perché la mancanza di valorizzazione del merito rappresenta una delle tare storiche che incancrenisce ogni articolazione della vita sociale del paese e svilisce aspirazioni, competenze, passioni e idee. Tuttavia, le parole non sono mai neutrali. Cosa significa esattamente merito, e cosa significano le parole direttamente o indirettamente riconducibili a esso? Sono davvero prive di ambiguità e zone d’ombra? Sono in grado di mantenere ciò che promettono, oppure mettono in scena una falsa promessa? L’uso quotidiano di queste parole crea abitudine e assuefazione, nasconde la necessità di interrogarle per comprenderne il senso. Ma quelle domande rinviate o rimosse riguardano questioni cruciali per comprendere il nostro tempo. Questo libro prova a rispondere a queste domande indagando l’origine e il funzionamento di concetti e strumenti che oggi ci sembrano ‘naturali’, come – ad esempio – il ‘capitale umano’, le ‘competenze’, la valutazione standardizzata. La loro azione sta modificando in profondità la scuola, l’università, il sistema sanitario, la pubblica amministrazione. Si tratta di una trasformazione che coinvolge la società nel suo complesso, e tocca un nodo fondamentale: il rapporto tra cittadinanza e uguaglianza sociale. Grattando la superficie, rompendo la crosta delle apparenze, le cose si mostrano in modo differente, svelano un carattere diverso da quello rappresentato. La parola merito, attraente, seducente, incoraggiante, si rivela una parola ambigua che nasconde i suoi significati reali.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Originale e coraggioso. Breve ma denso manifesto contro l'ideologia del merito, attraverso colti, ampi e numerosi rimandi a numerosi importanti autori, chiamati a raccolta per infrangere il mito del "merito" e rintracciare le sue origini, le sue bugie, le sue tecniche. Da leggere e moditare per attrezzarsi a resistere alle tante bugie e ai tanti comodi luoghi comuni su un tema di grandissima attualità nel dibattito politico e sociale.i
Consiglio vivamente la lettura di questo libro a tutti coloro che vogliono approfondire il tema e soprattutto vogliano riflettere, con cognizione di causa, su quanta strumentalizzazione viene fatta al giorno d'oggi su questa parola da parte di un'ampia schiera di politici, giornalisti e benpensanti per i quali disuguaglianza e ingiustizia sociale non sono i principali problemi che affliggono la nostra società. L'autore offre al lettore un quadro chiaro dell'excursus storico e politico dell'affermazione dell'ideologia del merito all'estero e in Italia: si tratta di una lettura imprescindibile per insegnanti, genitori, operatori sociali e cittadini attivi e informati su una società in cui diseguaglianze e deficit di opportunità sono in costante crescita.
Il libro di Boarelli è piccolo, breve, scorrevole ma estremamente denso. E' un libro da leggere. Quando l'ho aperto ero prevenuto, un po' diffidente, immaginavo di trovarmi in mano un libro un po' sui generis, vago, invece il libro di Boarelli è fin troppo specifico a tratti, quando ad esempio cita le disposizioni dell'unione europea sulle competenze. Ma non fa solo questo, Boarelli si arma della migliore cultura critica del Novecento, da Polanyi, a Hirschman, a Marcuse, Foucault, Illich, Lasch, Waltzer e altri, aggiunge le riflessioni sull'educazione di Borghi, Milani, Dolci, le critiche della valutazione odierne da Valeria Pinto a Girolamo de Michele e criticando l'ideologia del merito fa un attacco frontale alla cultura dell'individualismo, della concorrenza, insomma del capitalismo. Una ventata di aria fresca necessaria, che ha la capacità di legare ambiti diversi e complessi (economia, storia, sociologia, antropologia..) in poco più di 100 pagine, non risultando mai pedante o erudito.
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