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Anno edizione: 2010
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Il bello del mestiere del matematico - scriveva Ian Stewart nel suo Flatterlandia - è che bastano carta e matita. Anche meno, diciamo noi, perche essendo scritta nella realtà, non si deve certo formularla per capirla. La ragione del disastro di questa materia di insegnamento sta proprio nel fatto che viene insegnata e non mostrata nella realtà e, per farlo, i semidei che se ne occupano nei licei e nelle università hanno costruito un formulario di segni inutili e di stringhe assurde che costituiscono il fattore inibitorio della intelligenza o mathesis della disciplina. I pedagogisti, e cioè gli scienziati dell'apprendimento, hanno una tesi e i matematici un'altra circa l'intelligenza della materia, scrive l'autore ed è vero, perchè i primi considerano che l'alfabetizzazione matematica richieda l'esclusione del suo linguaggio formulare, sicchè la matematica si risolve quindi nel processo di apprendimento del reale (e cioè della mathesis che vi è immanente)sine signo. I secondi invece considerano che la matematica coincida con i suoi simboli, le sue formule, non con la struttura intelligibile della realtà di cui è logos immanente. Sono questi ultimi che hanno distrutto il fascino e la funzionalità reale della matematica a vantaggio di vuoti formalismi esoterici ormai francamente ridicoli, perchè è ridicolo ciò che vanta prestigio ma in realtà non serve. Il Re è nudo. La crisi dell'analisi matematica rispetto la simulazione computazionale a nient'altro è dovuta che ai suoi insulsi ricamatori di segni. Lockhart individua quindi esattamente nel sacrificio della semplicità dell'esperienza pura (informale)il disastro dela materia: dimenticatevi dei simboli, scrive a pag.79, e con questo indica la via della vera matematica. Un libro intelligente, da leggere soprattutto per quei semidei dei matematici di professione che si illudono di essere i portatori di una intelligenza superiore, mentre in realtà non sono che portatori dei loro inutili e rovinosi formulari egizi.
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