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Anno edizione: 2015
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Al contrario di alcune critiche negative che ho letto sul breve saggio di La Cecla, considero il testo un buon esercizio critico da leggere per futuri e attuali urbanisti, ma anche per chi si occupa, o semplicemente si interessa, di spazi urbani e territorio, capace di smarcarsi da tecnicismi linguistici senza cadere nell'ovvietà, che è solo apparente. La Cecla è un professionista, come le sintesi che elabora tra teoria e prassi dimostrano. C'è la storia di studi e di viaggi condotti con uno sguardo da esploratore, che bene o male appartiene a tutti noi, oppure vorremmo che ci appartenesse. Ma saperlo essere esploratori non è ovvio, soprattutto dare una metodologia senza perdere la sensibilità per la ricerca. Recuperare quella "ovvietà" significa affrontare uno stato di crisi della disciplina dell'urbanistica.
Di La Cecla, preferisco le opere pubblicate da Eleuthera perché sono più pertinenti alla materia che insegna, tuttavia devo ammettere che Einaudi dà la possibilità di una maggior diffusione. E forse sta qui l'unico difetto che riconosco a questa sua ultima opera, di ammiccare troppo al lettore medio toccando gli argomenti clou in modo un po' sensazionalistico e dunque superficiale. Nell'opera c'è tutto il tema della urbanità e della bellezza civile che ha osservato nel contesto della tendenza globale alla metropolizzazione, ma forse l'occhio dell'antropologo ha fatto diventare eccentrico il titolo del libro. Se devi dire qualcosa sulle tendenze urbanistiche lo devi fare da urbanista. Oppure dichiari già dal titolo che stai usando una lente diversa così si spiegherebbe per esempio la sordina alla quesitone ambientale e si comprenderebbe meglio l'accento sulla questione sociale e sulla necessità della VIS nella pianificazione. Molto belli quanto meno come esercizio letterario i cammei su singole città in coda ad ogni capitolo. In ogni caso un bel libro che conferma la disgraziata condizione in cui siamo qua noi, che qualcuno dei nostri politici potrebbe tradurre sine qua non.
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