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Pubblicato in una collana che si chiama "Noir di ecomafia"e ambientato soprattutto in una grande discarica, questo romanzo aveva tutte le caratteristiche per offrirsi come opera di denuncia: del traffico di rifiuti abusivi si occupa ormai da tempo la comunicazione di massa. Corpi di scarto non è però soltanto un'indagine in forma narrativa. Elisabetta Bucciarelli, narratrice affermata e sovente premiata per i suoi thrillercon diramazioni ora psicologiche, ora addirittura speculative, non sembra aver mai avuto tanta voglia di raccontare una storia; che ne contiene altre, e insieme alle storie una buona congerie di simboli. La storia e i simboli cominciano dalla copertina. È una foto, e raffigura una bambina davanti a un grosso cumulo di spazzatura. La creatura, in vestitino bianco, osserva con cura un mazzo di mimose. La spazzatura è un ovvio rimando alla discarica, la bambina in bianco non richiama Silvia, un'adolescente inquieta che è fra gli attori del romanzo ma, forse, la purezza, un desiderio di bellezza che si contrappone alle sozzure dattorno. Se Corpi di scarto fosse un romanzo con intenti citatori di carattere pop, sarebbe un calco dal verso di Fabrizio De André "dai diamanti non nasce niente / dal letame nascono i fiori"; qui si può soltanto immaginare che Bucciarelli abbia pensato anche al cantante genovese. Perché, in questo romanzo come in tutti gli altri dell'autrice, temi e problemi si affollano: come, appunto, in una grande discarica. È lì, ai bordi di Milano, che vivono il ragazzino Iac (Iacopo soltanto quando va a scuola, cioè quasi mai) con Nero, il suo cane. Iac è scappato da una casa che dividerebbe con la madre, il fratellino Tommi e la presenza assidua di un'assistente sociale; del padre nessuna notizia, e il perché si chiarisce lungo il romanzo. Nella discarica vive un'umanità di risulta: un turco, un nero, un italiano, tutti quanti identificati con soprannomi che raccontano persin più di quel che vorrebbero (Saddam, Argo, Lira Funesta). Sembra la struttura di un'istituzione totale, sul modello descritto, fra gli altri, da Michel Foucault ed Erving Goffman. Non lo è, perché non c'è nessuna coazione, nessuno di questi scarti del genere umano è costretto alla discarica. Per quanto riguarda Iac, anzi, si tratta di una scelta. È infatti da quel punto di vista che il giovane guarda e osserva meglio l'autentico scempio, la discarica vera, che è la società cosiddetta civile, incarnata per lui dalla scuola e dalla casa di famiglia. A completare il quadro c'è Silvia, una giovane quasi maggiorenne, da cui Iac è attratto in un modo che neppure lui sa dire. Silvia non è bella nel senso che la società riconosce. Lei, in ogni caso, non si piace, e lo racconta molto bene proprio a Iac, sebbene dopo molto diffidenze, in un gioco di sentimenti accennati e mai davvero espressi che è un filo conduttore avvincente della narrazione. Silvia, adolescente che non ama il suo corpo, è però figlia di un chirurgo estetico; e, se si va alla bibliografia che chiude il romanzo, si nota fra i titoli un saggio irregolare come Contro la falsa bellezza. Filosofia della chirurgia estetica (Il Nuovo Melangolo, 2010). Si tratta di uno fra una ventina di altri titoli, che danno l'idea di quanto ampio sia l'interesse anche saggistico di questo romanzo. Nella discarica, cioè dentro quello che la società rifiuta, si realizza una comunità di specie differente. Ne sono fondamento da un lato la paura di eventi terribili, che regolari avvengono; dall'altro, come inevitabile, la solidarietà, quando non proprio la dolcezza. Il lettore che voglia sovrinterpretare troverà allora in qualche pagina il ricordo delle beatitudini evangeliche (l'elogio dei miti, per esempio, che è Mt 5,5); non meno che della tenerezza timida del papa Paolo VI. Al di là di rimandi più o meno attendibili, colpisce nell'ultimo scritto di Bucciarelli la capacità di guardare le cose del mondo da una prospettiva diversa: dal basso, quasi a contrario. Solo così, sembra dire l'autrice, si scopre che quanto passa per bello è in realtà orrendo o anche soltanto brutto; e, per converso, occorre accettare quel che si dovrebbe rifiutare. Non ci sono, bene inteso, giudizi di valore: il romanzo è, come usa dire, laico. C'è però il piacere di seminare dubbi, di proporre pensieri non usuali senza il gusto anticonformistico oggi molto in voga. La scrittura di Bucciarelli è come sempre rapida, tendente a una paratassi piuttosto naturale. Anche i dialoghi confermano la consueta verosimiglianza, e si è sempre contenti di leggere capitoli brevi, rare volte sopra le due pagine (alla fine, sono infatti novanta). Se dunque Corpi di scarto ha anche una dimensione sociale è per la cura messa a realizzarlo, per il tentativo di fornire uno sguardo diverso sia sulle cose quotidiane, sia su temi grandi e forse inconoscibili come la bellezza, l'amicizia e l'amore. Giovanni Choukhadarian
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