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Un racconto-saggio che piacerà ai sub, agli appassionati del mare e della seconda guerra mondiale - come me. Incuriosita dalla trama, è stato interessante capire come funziona il sistema d'aria di un sommergibile (tipo Rebreather), e la differenza tra uno italiano e un U-Boote tedesco e come gli inglesi pattugliassero le nostre coste dell'Adriatico. Mi sono piaciute due citazioni del libro, e penso che una la utilizzerò per il romanzo che sto scrivendo.
Fantastico. Apre il mondo marino a tutti. Ha la capacità di fare immergere il lettore oltre che nella storia, anche negli abissi di oguno di noi...proprio per questo è un autore molto valido.
Bellissimo libro. Bellissima la ricostruzione storica. Dettagliata. Un libro che trova un perfetto equilibrio tra la saggistica e la narrativa. Trovo che Spirito sia uno dei migliori autori italiani contemporanei.
Recensioni
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Il "romanzo" (così sul frontespizio) di Pietro Spirito appartiene al filone recentemente molto praticato della docu-fiction, dell'inchiesta giornalistico-investigativa che assorbe al suo interno tratti tipici della finzione romanzesca. Tutto parte da un evento dichiarato come vero dall'autore, anche in varie interviste. Nell'estate del 2000, quando i mass media erano concentrati sul salvataggio del sottomarino russo Kursk, un anziano ex combattente della seconda guerra mondiale, che aveva poi aderito alla X Mas, Domenico C., telefona a Pietro Spirito nella sua veste di giornalista del "Piccolo" di Trieste: segnala che un sommergibile affondato il 30 gennaio 1942 al largo di Pola probabilmente attendeva ancora di essere recuperato con il suo carico di sessanta morti. La notizia, poi ripresa anche a livello politico per sostenere rivendicazioni contro il disinteresse per la sorte dei militari italiani nella ex Jugoslavia, viene verificata dall'autore con controlli dapprima locali, poi negli archivi della Marina militare a Roma: da tutti sembrerebbe emergere un effettivo sforzo delle autorità militari italiane per salvare i superstiti, vanificato però dalle pessime condizioni atmosferiche nei giorni tra il gennaio e il febbraio del '42.
Ma Domenico C. non si arrende all'evidenza, non crede nemmeno a un successivo recupero del relitto nel corso del '43, e appare invece ossessionato dalla sorte di quelli che erano stati suoi compagni. Come rivelerà la bellissima Vera, sua assistente sociale e oggetto del desiderio del giornalista-autore, il vecchio fascista è convinto di aver involontariamente tradito i commilitoni, rivelando la rotta del Medusa. Per questa ostinazione, e per il fascino della ragazza, Spirito continua a indagare, scoprendo che un altro sommergibile dallo stesso nome era affondato molto vicino al primo durante la Grande guerra: questo secondo scafo è stato sicuramente recuperato nel '56, mentre una traccia della poppa dell'altro sembrerebbe essere stata individuata di recente in un punto difficile da esplorare per la turbolenza delle acque.
Spirito, esperto subacqueo, si organizza con persone fidate per controllare direttamente la situazione. Ma durante un'immersione di prova viene attaccato da un gruppo di meduse, e l'evento parrebbe facilmente leggibile in senso simbolico. Incomincia a questo punto la sezione finale dell'inchiesta-romanzo, che contiene le parti probabilmente più suggestive: i segni sparsi del tentativo di ricostruzione storica prendono sempre più spesso una valenza di secondo grado, alludendo a significati non evidenti nella quête del racconto principale. È chiaro, per esempio, che l'ostinata ricerca di una verità riguarda tanto l'oggetto dell'indagine, nel tentativo di ridare un senso a una storia confusa ma sicuramente tragica, quanto il soggetto-investigatore, che tenta di scoprire lati nascosti di se stesso, mettendosi spesso in primo piano, rivelando persino imprese poco virtuose. La conquista di una verità potrebbe coincidere con la conquista della donna amata, ma entrambe sono destinate a un esito non soddisfacente. Così lo scacco del giornalista-storico viene apparentemente a coincidere con quello dell'autore-autobiografo.
In realtà la trama non è così netta, e anzi offre proprio da ultimo una serie di spunti per decodificare ulteriori livelli di lettura. Uno è offerto dal diario di un sommergibilista d'eccezione, il matematico Giulio Rosich, che rivela i rapporti fra la ricerca dell'infinito e l'ascolto del silenzio immenso del mare, attraverso gli idrofoni un tempo collocati nei sommergibili. Un altro è quello con Marko, già combattente nella ex Jugoslavia, poi giornalista in grado di far visitare luoghi difficilmente raggiungibili, come un cimitero di guerra nei pressi di Pola, dove si chiude l'intera vicenda, con la certezza che le guerre durano per sempre e, nello stesso tempo, che non possono mai essere spiegate sino in fondo, perché non ci sono motivi cogenti per spiegare una morte prematura, come quella di Francesco Cosmina, l'amico più caro di Domenico C.
L'abilità di Spirito si rivela soprattutto nel montaggio "caotico" della sezione conclusiva, che sembra non dover mai finire a causa del continuo aumento di elementi da indagare, di filoni da seguire, di tasselli da ricollocare. E proprio quella del non-finito è l'impressione che resta al lettore, che però sa di dover continuare a cercare il senso di una morte collettiva avvenuta in fondo al mare. La segnalazione di tanti film che direttamente o meno trattano questo argomento (persino uno premonitore del 1942, Uomini sul fondo) mira ancora una volta a fornire ulteriori coordinate interpretative, che trovano un punto di riferimento nel modello letterario per eccellenza di questo filone, Ventimila leghe sotto i mari. Il romanzo di Verne, per primo, mise in luce gli aspetti mitico-simbolici della sfida agli oceani condotta con un sommergibile: il destino di questa, come di tante altre sfide moderniste, trova uno dei possibili epiloghi nella storia vera del Medusa.
Alberto Casadei
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