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Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2007
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Impianto narrativo coraggioso ma il risultato è una confusione del lettore che non comprende dove voglia arrivare l'autore, che nei romanzi successivi ha scritto opere migliori. Bella l'idea di incentrare sulla figura del correttore di bozze il romanzo, intelligente la scelta di condurre il lettore per sentieri paralleli ma la chiusura non mi ha convinto del tutto.
Libro certamente inusuale, immagino la difficoltà dell'autore a scriverlo (tanto che nelle prime pagine scrive lui stesso che stava per diventare matto). Un noir dalle tinte torbide passa tra le mani di un correttore di bozze, alle prese con le sue quotidiane manie e miserie. Atmosfere per certi versi kafkiane, risultato a mio giudizio senza lode né infamia.
Libro sconsigliato non mi piace nel finale
Recensioni
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Il primo capitolo del nuovo romanzo di Recami inizia con il racconto d'una vicenda alquanto squallida: all'uscita di un supermercato Lucilla, matura donna coniugata, accetta l'offerta di una prestazione sessuale da parte di un gigolo, il cui vero obiettivo è far fotografare l'amplesso da un complice, a scopo ricattatorio. Tuttavia la storia non solo sembra rifarsi alla più vieta stereotipia della narrativa trash e pulp, ma tipograficamente presenta un numero esorbitante di refusi. Se ne accorgerà infatti ben presto, nel secondo capitolo, il "correttore di bozze" incaricato di correggere il testo sulle disavventure di Lucilla, rabbrividendo "di disgusto e di indignazione".
Si intrecciano quindi all'interno del libro due filoni romanzeschi: quello del racconto sull'improvvida signora e quello, solo all'apparenza metanarrativo, intorno al correttore di bozze e alle sue considerazioni riguardo alla prosa su cui lavora e allo stato dell'arte relativamente a scrittura e mondo editoriale. Invece sempre di narrativa si tratta, poiché le riflessioni che Recami fa esprimere al suo protagonista (o, se vogliamo, deuteragonista) non sono saggistiche, ma fanno parte di una smaliziatissima fabula ancipite che, con molta ironia, mette alla berlina un certo modo cialtronesco di porsi da parte di troppi autori e/o editori: insofferenti riguardo alla stigmatizzazione delle loro pecche letterarie, i primi, disinvolti rispetto alla scarsa qualità dei propri libri, i secondi.
Vanno dunque alternandosi i capitoli delle due vicende parallele; ma via via che le pagine scorrono al correttore par di adocchiare segnali inquietanti fra le righe delle bozze da vagliare: i refusi, anzi gli errori smaccati aumentano sempre più. Ma quel che è peggio, lui non si capacita di certe opzioni dell'autore: i personaggi risultano poco credibili e, ciò che maggiormente lo turba, vi sono incongruenze e ambiguità a ogni piè sospinto. Il correttore è tentato di modificare o cassare parti del testo e si trattiene sempre più a fatica. Sorge pian piano in lui una sorta di mania di persecuzione: non saranno quegli sbagli pedestri una trappola tesa a lui per accusarlo d'incompetenza e cacciarlo?
Così, con la scusa di raccapezzarsi tra le bozze di una prosa spuria, caotica e depistatrice, il correttore e Recami stimolano sempre più chi legge a proseguire questo testo smaliziato e intrigante. E perciò, paradossalmente, il romanzo funziona nonostante anzi proprio grazie a errori, paranoie, travisamenti e reiterate sospensioni/procrastinazioni di due storie che alla fin fine diventano (o meglio sono sempre state) una sola; con il correttore che si fa autore, mimando pure lui la narrativa trash nell'inventarsi trame spassosamente truculente, fra efferatezze, pornografia e sadismo. Però è solo un gioco letterario, una garbata presa in giro di certi romanzi che strizzano l'occhio alla morbosità dei lettori. "Ma che ci vuole a spararle grosse?" è il commento lapidario del correttore, che giustamente irride ai mezzucci con cui certa narrativa contemporanea ricorre, pur di conquistare visibilità.
Date le premesse, come si potrà immaginare, il finale di questo insolito romanzo nel segno dell'originalità stilistico-espressiva è privo di una vera cesura conclusiva, che semmai si pone come una sospensione o un rimando. Al correttore, che non ha ancora terminato di leggere le sue bozze, e pure al lettore affinché immagini lui stesso, se vuole, una fine consona a questa narrazione così vivace e intelligente. Francesco Roat
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