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Anno edizione: 1992
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«Corte del diavolo»: così viene chiamata una prigione di Istanbul, sotto l’Impero ottomano. Vi si trovano esemplari di ogni tipo umano: sordidi, innocenti, abietti, perversi, miti, folli. Sono lì rinchiusi per praticità, poiché «la polizia di Costantinopoli si attiene al sacro principio che è più facile rilasciare un innocente dalla Corte del diavolo che non ricercare un colpevole nei meandri di Costantinopoli». È un mondo vibrante di storie fosche, sinistre, che si rispondono in un sottile contrappunto e presto producono una sorta di assuefazione all’inferno. Sovrano del luogo è il direttore Karagöz, poliziotto e metafisico burattinaio, che proprio esercitando un totale arbitrio e togliendo alla tortura il peso della certezza «rendeva più tollerabile e lieve ogni cosa»: figura di tale potenza che, dopo averlo incontrato, anche i lettori di questo magistrale racconto, come gli abitanti della Corte del diavolo, stenteranno «a immaginare la vita senza Karagöz».
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Le dimensioni e il valore sono quelli dei gioiellini letterari alla Zweig della Piccola Biblioteca Adelphi: da leggere! "Tu sei armeno, quindi astuto e perspicace, e io valgo almeno tre armeni. Suvvia, cerchiamo di trovare 'noi quattro' una via d'uscita da questo pericoloso garbuglio."
Ben scritto, ma non è al livello de "I tempi di Anika".
Recensioni
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scheda di Realis Luc, O., L'Indice 1992, n. 9
"E non mi si venga a dire di qualcuno: è innocente. Tutto meno questo. Perché qui non ci sono innocenti.
Nessuno è qui per caso..."; entrare nella Corte del diavolo, prigione di Istanbul sotto l'impero ottomano, significa inoltrarsi in un luogo metafisico al confine della colpa e dell'espiazione. Il regno è governato da Karagoz, direttore del carcere ma soprattutto burattinaio. È lui che dispensa pene o favori all'umanità disperata della corte. L'imperscrutabile disegno del destino fa sì che tra la gente della Corte del diavolo si trovino esemplari di ogni tipo, innocenti, ladruncoli, pluriomicidi, abietti, perversi, pazzi. Tutti colti nell'ansia del trascorrere giorno dopo giorno nella cittadella dimenticata dal tempo. C'è chi cerca oblio nel passato, chi litiga e bestemmia, chi rievoca incontri con donne belle e generose e chi attende la morte, estrema consolatrice. Ivo Andric, croato, premio Nobel per la letteratura nel 1961, racconta le vicissitudini del campionario umano della corte con sguardo sapiente e bonario; i sudditi di Karagoz narrano le loro disgrazie con voci vibranti di dolore e disperazione che si trasformano in nenia; nella Corte del diavolo, sottile metafora della vita.
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