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«Ogni pagina di questo libro, scelta anche a caso come "campione", difficilmente rientra per intero in un'unica misura (autobiografica, inventiva o critica che sia), ma appare piuttosto come la felice combinazione, secondo un dosaggio estremamente vario, di elementi evocativi, meditativi e intellettuali, insomma come la sapiente armonizzazione di poesia e verità che costituisce la connotazione piú significativa della migliore saggistica italiana, e piú ancora francese ed inglese».Lanfranco Caretti
«Lugli resta ovunque sempre se stesso, e cioè scrittore e critico insieme, memorialista e moralista ad un tempo, saggista insomma di penna attenta e, quando occorre, intimamente vibrante. Perciò ogni pagina di questo libro, scelta anche a caso come "campione", difficilmente rientra per intero in un'unica misura (autobiografica, inventiva o critica che sia), ma appare piuttosto come la felice combinazione, secondo un dosaggio estremamente vario, di elementi evocativi, meditativi e intellettuali, insomma come la sapiente armonizzazione di poesia e verità che costituisce la connotazione piú significativa della migliore saggistica italiana, e piú ancora francese ed inglese».Cosí scriveva Lanfranco Caretti salutando nel 1965, la pubblicazione di Pagine ritrovate, il volume dei «Saggi» Einaudi in cui Vittorio Lugli aveva raccolto «memorie, fantasie e letture». Sono parole che potrebbero benissimo adattarsi al volume che presentiamo, cui Lugli aveva cominciato a pensare qualche tempo prima di morire, nel gennaio 1968. Gli undici scritti che Lugli aveva raccolto in una cartellina erano ben suoi: composizioni in cui il critico si fonde con naturalezza al memorialista e al moralista, nel tono di un conversare discreto e affabile. Gli autori che si offrono agli spunti di questo finissimo studioso sono quelli prediletti: La Fontaine, Flaubert, Renard, Manzoni, Alfieri e Racine, Pascoli, AIain-Fournier, Balzac.
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