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La coscienza delle parole - Elias Canetti - copertina
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coscienza delle parole

Descrizione


«In questo volume sono presentati in ordine cronologico i saggi che ho scritto fra il 1962 e il 1974. A un primo sguardo potrà sembrare un po’ strano trovare qui riunite figure come Kafka e Confucio, Büchner, Tolstoj, Karl Kraus e Hitler, catastrofi terrificanti come quella di Hiroshima e considerazioni letterarie sulla stesura dei diari o sulla genesi di un romanzo. Ma io mi sono appunto occupato man mano di queste cose, poiché solo in apparenza esse sono fra loro incompatibili. Il pubblico e il privato non sono più separabili ormai, si compenetrano a vicenda in modi che in passato sarebbero apparsi inauditi. I nemici dell’umanità hanno acquistato potere rapidamente, sono assai prossimi alla meta finale, la distruzione della terra, è impossibile non tener conto di loro e ritrarsi nella esclusiva contemplazione di modelli spirituali che ancora possono avere per noi un certo significato. Questi sono diventati più rari, molti che potevano bastare alle epoche passate non hanno in sé una ricchezza sufficiente, il campo che abbracciano è troppo limitato per poter essere utili anche a noi. Tanto più importante diventa dunque parlare dei modelli che hanno retto perfino alla mostruosità di questo nostro secolo». Così scriveva Elias Canetti presentando la prima edizione di questo volume (1974). E spiegava poi che, unica eccezione, era incluso nel libro il suo discorso su Hermann Broch, tenuto a Vienna nel 1936, soprattutto perché in esso aveva formulato i «tre comandamenti» dello scrittore. Essi ci mostrano, nella loro congiunzione, il nodo inestricabile dei rapporti fra lo scrittore e il suo tempo: esserne «l’umile e devotissimo schiavo», avere la «ferma volontà» di darne una «visione d’insieme» e, infine, opporvisi, essere «contro il suo specifico odore, contro il suo aspetto, contro la sua legge». A distanza di quarant’anni, nel discorso di Monaco che chiude questo volume, Canetti offriva poi una definizione che implica quei «tre comandamenti» e schiude l’accesso a tutta l’opera sua, oltre che a questo libro stesso: lo scrittore come «custode delle metamorfosi», erede della capacità mitica di aprire in sé un vasto spazio dove ospitare le figure più contrastanti. Figure che, per lo scrittore, «sono la sua molteplicità, articolata e consapevole, e siccome vivono dentro di lui, rappresentano la sua resistenza alla morte».

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Dettagli

3
1984
18 giugno 1984
403 p.
9788845905858

Valutazioni e recensioni

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AdrianaT.
Recensioni: 5/5
Ma allora chi è Andrea Muratore?

(Il vice-versa non vale...)

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Andrea Muratore
Recensioni: 5/5

Cristiano Cant, chi è costui? Così avrebbe potuto principiare Manzoni, il vegliardo Manzoni nelle vesti di un Don Abbondio incredibilmente imbarazzato. Cristiano Cant sono io, non state a sentire l'altro, è la parte più prolissa di me, quella che custodisco gelosamente ma che ad ogni ora della notte tenta di sgusciarmi da sotto il naso, si divincola e va a creare le sue poetiche mostruose dappertutto. Insomma, mi tocca ridurre quello che asserisce la recensione sottostante. Mestiere ingrato quanti altri mai. Non si può essere pazzi e al contempo due! Signori miei, spero che qualcuno mi capisca, mi trovi e mi spedisca ad un manicomio, dritto dritto fra le braccia di una infermiera procace! Non so se mi spiego...

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Cristiano Cant
Recensioni: 5/5

Il meglio del Canetti saggista trova in questo volume il suo traguardo più alto, gli esiti e le intuizioni più intensamente e stupendamente poetiche di tutta la sua opera. I saggi su Kraus e su Kafka, illuminanti e commossi, valgono raggi di inaudita bellezza nel vasto panorama saggistico europeo. L'intera intelaiatura ha il profumo di una delle più toccanti e necessarie raccolte del secolo; intuizioni splendide e umili ricordi personali si intrecciano in analisi più che capillarmente perfette. La coscienza delle parole è la misura della loro forza soppesata e dosata nella responsabilità di chi scrive, il taglio e l'onestà che lo scrivere devono ossequiare come intrinseca e sentita sete di colui che crea. Canetti in questo non è secondo a nessuno, e questo libro ne è la prova più folgorante.

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Voce della critica


scheda di Rondolino, F., L'Indice 1985, n. 1

Canetti è un maestro nella costruzione del saggio: egli eredita quella tradizione tutta tedesca che fa del saggio lo strumento obliquo attraverso il quale l'universale riluce nel frammento, nel dettaglio, nel particolare. L'esperienza vissuta, l'autobiografia e la passione intellettuale e morale si uniscono così alla conoscenza e alla ricerca: gli argomenti, che possono essere assai lontani tra loro, paiono ricomporsi in un unico, ininterrotto discorso. Pubblicati in parte sotto il titolo "Potere e sopravvivenza" (Adelphi, 1974), i saggi qui raccolti abbracciano il periodo 1962- l974, toccando alcuni temi cari a Canetti, come quello della massa e del potere (illuminante lo scritto su Hitler), o affrontando autori a lui cari (Kraus, Buchner). Di straordinaria lucidità lo scritto sulle lettere di Kafka a Felice (già pubblicato negli Oscar Mondadori con il titolo "L'altro processo"), in cui lo scrittore praghese emerge come la figura centrale del Novecento. Nel confronto tra Canetti e la cultura del presente e del passato emerge sempre con chiarezza ciò che l'autore stesso ha indicato essere la missione dello scrittore (e dell'intellettuale in generale): essere contemporaneamente colui che descrive e colui che si oppone al proprio tempo.

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Conosci l'autore

Elias Canetti

1905, Rusçuk

Eias Canetti è stato uno scrittore bulgaro di lingua tedesca, Premio Nobel per la letteratuna nel 1981. Nato in una famiglia di ebrei sefarditi, ebbe come lingue materne l'antico spagnolo e il bulgaro. Lettore molto precoce, nel 1911 si stabilì a Manchester con la famiglia e lì imparò l'inglese. Dopo la morte improvvisa del padre, nel 1912, si attaccò fortemente alla madre che divenne la figura dominante della sua educazione intellettuale. A Vienna (1913) e poi a Zurigo (1916) conquistò la quarta lingua: il tedesco, a cui poi sarà sempre fedele come scrittore. Nel 1921 fu a Francoforte e nel 1924 a Vienna, per volere della madre e dello zio cominciò a studiare chimica. Si laureò ma non fece mai il chimico poichè sin dall'infanzia...

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