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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2016
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Libro molto particolare. Consigliato soltanto agli estimatori di Ligotti.
Si può essere o non essere d'accordo con le tesi filosofiche dell'autore, fiero sostenitore di un pessimismo senza compromessi. Il libro merita in entrambi i casi di essere letto e meditato fino alla fine. Come ogni buon libro di filosofia, infatti, mette il lettore in condizione di guardare con occhi nuovi a se stesso e al mondo che lo circonda.
Di base, è un saggio sulla filosofia del pessimismo. Si muove con una certa disinvoltura tra pensiero filosofico, artistico e scientifico. La tesi di base (riprendendo il filosofo norvegese P.W. Zapffe, non molto conosciuto né studiato... chissà perché...) è che la coscienza umana sia uno scellerato errore della Natura. Ligotti cita gli "ottimisti" (ad esempio Pirandello) i "pessimisti" (Zapffe e Lovecraft su tutti) e tutti quelli - e sono la maggior parte - che costituiscono una via di mezzo tra le due categorie,,
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
(…) Thomas Ligotti scrittore bipolare: oscilla tra una consapevolezza tecnica eccessiva, tanto da volersi proporre come terzo nome del Pantheon dopo Poe e Lovecraft, e la percezione della scrittura come esercizio di pura agonia, dovuta all’orrore di cui è imbevuta la sua concezione del mondo. (…) Ligotti ci racconta il sorgere della coscienza quasi in un sequel della famosa scena degli scimmioni di 2001: Odissea nello spazio.
Lì nasce la tecnica, qui la consapevolezza della caducità. All’inizio, gli scimmioni sono terrorizzati dalle immagini e dai suoni soltanto nell’istante in cui li percepiscono; poi cominciano a essere terrorizzati in una maniera nuova e del tutto inaspettata; adesso sono terrorizzati da cose che non sono percepite direttamente dai loro sensi. La nascita della paura della morte. La nascita dell’ansia. L’errore irreversibile della natura: dotarci di coscienza. Ligotti gioca col paradosso. Punta a sovvertire le aspettative fin dal titolo: ci si aspetterebbe la solita cospirazione contro l’Uomo: il complotto per terminare la vita umana sulla Terra. Invece no. Non c’è attacco di marziani o rivolta di robot. La cospirazione ha come obiettivo l’insabbiamento del pessimismo. La cospirazione non è contro la razza umana perché vuole estinguerla; è contro la razza umana perché vuole evitare che si estingua. (…)
Il testo di Ligotti racconta anche della lotta tra i cani da guardia della coscienza contro gli epicurei del pessimismo: ossia tra gli individui che vorrebbero soltanto l’esaltazione di un ottimismo vitalistico contro le persone che indulgono alla lettura di scrittori pessimisti, nichilisti, esistenzialisti, assurdisti, cinici, e compagnia latrante. In tal senso, Ligotti è una sorta di hipster del pessimismo. Il pessimismo mainstream non gli va molto a genio. (…).
La Cospirazione è un utile bignamino per scoprire o riscoprire gran parte del pensiero pessimista finora prodotto, in particolare nella sua declinazione antinatalista. C’è anche spazio per l’eterno ritorno delle filosofie orientali nel pensiero pessimista occidentale. Buddismo, nel caso di Ligotti, anche se preso con le debite pinze. La maggior parte delle persone concludono la lettura del testo col desiderio di chiedere a Ligotti: «Ma allora perché non ti ammazzi?». Semplice: perché la soluzione non è il suicidio. L’unica cosa sensata da fare per porre fine alla maledizione della coscienza? Smettere di procreare.
D’altronde procreare è, per Ligotti, una necessità del passato, – produzione di aiutanti domestici e supporti carnali rimovibili per la memoria, – e può oggi essere considerata obsoleta. Una lettura necessaria per il pessimista ludico e ironico
Recensione di Francesco Paolo Maria Di Salvia
IN GIRO SI MURMURAT
Volodine, Ligotti, Lovecraft: tre letture assolutamente non da spiaggia
Odiate l’estate? Lo spettacolo dei bagnanti vi suscita idee funeste? Se volete occupare la vostra sdraio nel modo meno spensierato possibile, proprio in questi giorni sono stati pubblicati in Italia due dei più tetri, visionari e disturbanti outsider della letteratura contemporanea: Antoine Volodine e Thomas Ligotti.
Volodine è il più noto tra i molti pseudonimi di uno dei più originali e apprezzati scrittori francesi viventi. Di lui non si sa molto, e alcuni lo considerano una specie di fou littéraire. All’inizio della sua carriera, negli anni 80, venne preso per fantascientifico ma Volodine guardava più a Lautréamont che a Asimov, e per chiarirlo ha elaborato non solo un proprio astruso mondo immaginario ribadito di libro in libro, ma anche uno specifico genere da lui battezzato post-esotismo.
“Angeli minori” (L’orma editore, con ottima traduzione di Albino Crovetto) è forse il suo libro più noto ed esemplare: una raccolta di bizzarre figure monologanti, collocate in un universo postumano attraversato da riferimenti novecenteschi (una rivoluzione comunista, “campi” non meglio precisati, élites capitaliste). I personaggi hanno nomi strani come Witold Yanschog o Alia Araokane, e raccontano storie secondo originali format orali chiamati “narrat”, “romånce”,“murmurat”.
Vivono soprattutto in Asia centrale ma a volte sembrano parlarci da una specie di oltremondo, alcuni di loro sono pluricentenari e capita si scambino la parola lasciando il lettore in uno stato di deplorevole confusione circa l’uso dei pronomi personali. Nel mondo apocalittico e catastrofico in cui vivono, gli “uomini” di Volodine stanno sparendo perché hanno smesso di riprodursi e quando lo fanno devono seguire insoliti protocolli non coitali.
Proprio su una decisa opzione “antinatalista” si basa il saggio di Ligotti intitolato “La cospirazione contro la razza umana” (trad. di Luca Fusari). Validissimo scrittore americano di racconti dell’orrore, molto amato tra i cultori del genere e diventato pop dopo avere ispirato “True detective”, Ligotti è anche un pensatore micidiale. Il Saggiatore ha pubblicato dei racconti e questo saggio filosofico tutt’altro che “tecnico”, godibilissimo per chiunque sia disposto a digerire una caterva di pessimismo programmatico tale che molti degli autori qui citati, da Schopenhauer a Michelstaedter, potrebbero passare per buonisti. La cospirazione del titolo è quella che perpetua la riproduzione umana con la scusa che “la vita va bene”.
Mettere in discussione questo assunto è l’obiettivo di un pensiero che si muove con scioltezza tra i grandi classici ma non teme incursioni nelle recenti frontiere della neuroscienza e della filosofia della mente. Con una scrittura gustosamente letteraria, non priva - grazie al cielo - di vette di umor nero, vengono smascherati i fondamentali tabù del pensiero, quei “truismi fuorilegge” tipo che la vita è insensata, la coscienza un errore cosmico e tutta la nostra cultura un edificio creato apposta per non farci pensare a cose simili.
Lovecraft è uno dei numi tutelari di Ligotti, e sembra giusto chiudere questa breve rassegna con un suo capolavoro, “Le montagne della follia”, ora ripubblicato con accurata puntualità sempre dal Saggiatore nella bella traduzione e curatela di Andrea Mostarbilini. Tra un tuffo e l’altro, il pessimistico bagnante potrà immergersi nel gelo empio di orrori protoplasmatici e nell’antico regno antartico dove ebbero inizio, secondo il solitario di Providence, i primordi della vita umana, inseguendo le tracce di un altro immenso e visionario romanzo polare, il “Gordon Pym" di Poe.
Recensione di Carlo Mazza Galanti
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