Se da almeno cinquant'anni il processo di secolarizzazione ha messo in profonda discussione il ruolo della religione, senza azzerarlo, siamo ormai abituati a concepire il mondo come diviso tra credenti e non credenti. Il modello di analisi che propone Ventura nel suo ultimo libro è del tutto originale: scartando tale dicotomia, pericolosa e illusoria, propone una lettura della storia italiana degli ultimi cento anni, attraverso un filtro basato sull'opposizione tra credenti e creduli. Dai Patti lateranensi del 1929, il cristianesimo cattolico ha il privilegio di uno statuto concordatario per cui, secondo l'articolo 7 della Costituzione, lo stato e la chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. La situazione difficile e controversa delle altre religioni resta in questo studio sullo sfondo, ma con il ruolo di costituire una parte del contesto che non fa che inasprire e rendere più difficile la situazione di degrado italiano: se ne accenna qua e là tra le pagine, per far emergere come l'incapacità dello stato (e dei cittadini) di riconoscere e di gestire la fisionomia secolarizzata e plurale della società ha portato a un'entropia dannosa per tutte le parti in causa. Questa situazione critica si è inasprita dopo il 1984, anno del concordato firmato dal governo Craxi e dal cardinale Casaroli, svolta storica per il rinnovamento dei vincoli tra Italia e chiesa cattolica iscritti nei quattordici articoli e, soprattutto, nel protocollo addizionale in cui si legge che le parti in causa considerano non più in vigore: "Il principio, originariamente richiamato dai Patti lateranensi, della religione cattolica come la sola religione dello Stato italiano". Il 1984 apre una stagione in cui, senza soluzione di continuità, sia la politica sia la religione sono trascinate reciprocamente nei medesimi meccanismi contaminanti, nonostante promettessero tutt'altro e nonostante quello che lasciavano presagire gli intenti e i primi passi, come l'intesa con i valdesi firmata tre giorni dopo. Il taglio storico è caratterizzato da una prospettiva di lungo periodo che scava anche oltre al 1929, per inquadrare la riflessione nella cornice dell'Italia unita, attraverso alcuni eventi che prepararono gli sviluppi successivi, come è il caso della carta del 1848 denominata Statuto albertino. Ma quella di Ventura non è una storia lineare, raccontata secondo un ordine cronologico: è una storia fatta di rimandi, di excursus, di anticipi e di ritorni, in cui la storia si intreccia con la memoria e i fatti presi in considerazione si richiamano di continuo, si completano e si annullano. Che i soggetti siano i cittadini o le istituzioni (politiche e religiose) il risultato non cambia: società, religione e politica italiane sono infette da questo contrasto, ne sono lacerate. Il volume ripercorre la storia italiana, tracciando dei quadri dedicati alla storia dei creduli mossi dell'interesse illusorio di ridare all'Italia un'unità religiosa; alla storia del credere nella società, che è sempre meno aperta e sempre più credula; alla storia del credere nello stato, in declino, segnato da contraddizioni ed errori, nonostante l'articolo 7 sempre meno indipendente e sovrano; alla storia dei credenti. L'Italia è un cantiere senza progetto, dove non esiste un disegno condiviso sulla libertà religiosa e sulla società come terreno di vita di fedi eguali e diverse, dove la laicità è abbozzata e troppo ambigua per avere qualche significato concreto. Dalla revisione dei Patti lateranensi credulità e fede, istinto di conservazione e volontà di rinnovamento hanno portato a delusioni continue delle promesse, onde alterne di illusioni e speranze che tuttora convivono in modo conflittuale. Mariachiara Giorda
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