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Io Pynchon non riesco a capirlo, ogni tanto lo prendo ma non riesco a leggerlo, è un limite mio, e non capisco perché. Adoro Ballard e Burroughs per esempio, ma Pynchon è un mistero. Qualcuno riesce a spiegarmelo?
Dopo Inherent Vice, anche Bleeding Edge si presenta come un "Pynchon Semplice". Un detective protagonista, un'indagine a far partire la narrazione, e ben presto come tradizione dei Noir il fulcro della ricerca viene continuamente citato per poi essere accantonato in favore di tutto quello che vi ruota attorno... personaggi, aneddoti, luoghi veri e inventati, situazioni assurde, divertenti ed esagerate che qui altro non sono se non sfaccettature e riflessi di una cosa sola: New York. L'ascesa inarrestabile di Internet e l'11 settembre sono solo il primo e l'ultimo segnalibro che Pynchon utilizza per riflettere sulla città e sul presente attraverso i suoi soliti temi, non più con calda e californiana nostalgia (quella di Doc Sportello) ma con il distaccato e divertito cinismo newyorkese di Maxine. Pynchon ci regala in questo libro alcune bellissime digressioni e riflessioni, dei personaggi memorabili, e una famiglia "normale" come protagonista della storia, ma arrivando in fondo sembra mancare qualcosa e finire il romanzo lascia una punta di amaro e incompiuto. Ciononostante, un lbro da leggere.
Avendolo già letto in inglese quando uscì l'anno scorso (ed è già una buona notizia il fatto che l'editoria italiana ora faccia attendere solo un anno per pubblicare i romanzi di Pynchon per chi non se lo può gustare in inglese), posso dire che è come al solito un romanzo assolutamente indispensabile del maggiore autore americano vivente, che è anche uno dei tre o quattro romanzieri mondiali che fanno la differenza, in tutti i sensi. Questa volta il vecchio leone vuole dimostrare che non gli riesce affatto difficile scrivere un romanzo su New York, come tanti altri scrittori americani hanno fatto prima di lui (un nome tra tanti, F.S. Fitzgerald); ma ovviamente anche New York deve diventare una location pynchoniana. Ovviamente il colpo riesce: ma non basta. Dopo le sue scorrerie storiche (da V. a Contro il giorno) e la sua epopea californiana (dall'Incanto del lotto 49 a Vizio di forma), lo scrittore invisibile (ma non recluso come dicono, non credete alle favole) trasforma il passato recente in una delle sue storie controfattuali; una storia che ri-racconta, col solito mix di verità spudorata e discreta simulazione, lo scoppio della bolla delle dot-com, ma anche l'11 settembre. Non contento, porta la sua amata California a New York. A dirla così sembra una missione impossibile, ma per Pynchon, nella misura del romanzo, non c'è niente di impossibile. Insomma, un altro romanzo che va letto assolutamente. Come ogni riga scritta dal nostro.
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