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Dalle illusioni del 1848 all'avanguardia artistico-letteraria del primo Novecento. Questi i limiti temporali di un percorso culturale disomogeneo per il quale non sembra proponibile una sintesi in quattrocento pagine che pretenda la completezza. Ma l'obiettivo dichiarato di Burrow non è certamente l'esaustività. L'autore intende piuttosto presentare la storia della crisi della ragione nel settantennio successivo al '48 privilegiando alcuni aspetti. Non tanto quelli che oggi possono essere ritenuti importanti quanto "quelli che allora apparvero tali a un pubblico colto". Si susseguono dunque nei capitoli del volume personaggi più o meno noti. Flaubert "cronista" della rivoluzione parigina del '48. Wagner e Bakunin entrambi coinvolti nei moti di Dresda del '49. Büchner autore del "manifesto materialistico" Kraft und Stoff. Rudolf Clausius fisico pessimista circa l'evoluzione termica dell'universo. I Kathedersozialisten che consideravano i problemi della povertà e del benessere sociale come questioni centrali del loro insegnamento universitario. Laveleye e Letourneau accademici francesi critici dell'evoluzione del sistema di proprietà. Il punto di arrivo è rappresentato dall'avanguardia nelle sue varie espressioni dal cubismo al dadaismo dalla musica atonale di Schönberg alla pittura astratta di Kandinskij. Poi secondo Burrow nulla di nuovo. A questo punto però le premesse metodologiche paiono svanire. Lo sguardo dell'autore infatti si rivolge al presente e in particolare alle pretese del "post-moderno" i cui idiomi a suo avviso sono solo "variazioni" che ricalcano i paradigmi dell'avanguardia. Solo una "glossa alla modernità".
Giovanni Borgognone
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