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Cristianesimo o ricchezza. Perché un cristiano non può essere ricco - Pelagio - copertina
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Cristianesimo o ricchezza. Perché un cristiano non può essere ricco - Pelagio - copertina

Descrizione


La ricchezza consiste nell'avere più del necessario; la povertà nel non possedere il minimo sufficiente; mentre, non aver più di quanto sia necessario è la sufficienza, che occupa il livello di misurazione intermedio tra le altre due. Monaco, teologo, oratore, spirito indipendente all'interno del variopinto universo cristiano a cavallo fra il IV e il V secolo, Pelagio elabora una visione personale del modo in cui un vero credente dovrebbe vivere, basato su un rigoroso ascetismo pratico e morale. Il breve scritto sulla ricchezza, che anticipa le più ampie riflessioni sul libero arbitrio e sulla natura, esprime in maniera chiara e radicale l'idea ascetica di Pelagio: il cristiano non solo non deve desiderare di arricchirsi ma. se nascesse ricco o gli toccasse una cospicua eredità, dovrebbe liberarsene senza remore, donando tutto ai poveri. Tale è l'incompatibilità tra cristianesimo e ricchezza da non permettere neanche il minimo contatto del credente con beni e proprietà, perché è impossibile per quella via giungere al Regno dei Cieli. Prefazione di mons. Enrico dal Covolo.
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Dettagli

2016
21 aprile 2016
96 p., Brossura
9788869445699

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luciano
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Pelagio nel "De divitiis", scritto nella prima metà del V secolo, tratta della inconciliabilità esistente tra ricchezza e Vangeli: "E' più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco andare in Paradiso", e sta scritto "beati voi poveri" e mai "beati voi ricchi". Per Pelagio "la ricchezza consiste nell'avere più del necessario", mentre la povertà consiste "nel non possedere il minimo sufficiente" per vivere. Scrive Pelagio: "Elimina il ricco e non troverai il povero: nessuno possegga più del necessario e tutti avranno quanto è necessario. Pochi ricchi, infatti, sono causa di molti poveri". Parole tuttora attualissime. Dio, poi, "biasima e condanna l'accumulo di ricchezze, la cui bramosia è causa di tutti i crimini", e qui Pelagio ne fa un elenco: "Per la ricchezza avvengono raggiri, frodi, empietà, crudeltà e altre nefandezze. Per essa ogni giorno la terra si macchia di sangue innocente, il povero è depredato, il misero oppresso... Per essa si corrompono le abitudini di vita, si violano perfino le coscienze e si deturpa ogni buona indole naturale". L'autore, poi, aggiunge: "una cosa su cui nessun sapiente potrà obiettare: è difficile accumulare ricchezze senza ogni sorta di iniquità, infatti si ottengono con l'amore per la menzogna, l'abilità nel rubare, l'illegalità delle truffe, la violenza della rapina...".

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Pelagio

(?, 360 ca - Palestina 430 ca) monaco inglese. Venuto a Roma verso il 400, vi scrisse le sue prime opere: un commento a 13 epistole di San Paolo e una esortazione alla giovane patrizia Demetria. La sua polemica con sant’Agostino (iniziata da un attacco di P. alla preghiera agostiniana Da quod iubes) fu una delle più appassionanti della tarda patristica e portò entrambi i pensatori a posizioni estreme ed eterodosse sui temi della grazia divina e del libero arbitrio. La polemica ci è testimoniata, oltre che dalle opere di sant’Agostino, da una settantina di trattatelli latini, alcuni dei quali sono da attribuire a discepoli e seguaci di P., più che al monaco stesso.

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