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È uno di quei romanzi che fa venir voglia di tornare giovane - io che raramente mi guardo indietro con nostalgia. Si gode di un tale tepore, di una tale delicatezza e tenerezza fra le sue pagine, che ritrovarsi nei panni di Agata a fantasticare sul cugino Enzo è un attimo, e farsi risucchiare dalla loro libera e passionale parabola erotica è inevitable. Ercole Patti, di cui sono state recentemente ripubblicate 'Tutte le opere' da La nave si Teseo, è un catanese che ti porta tutta la forte sensualità di una Sicilia primo Novecento ovunque tu sia, perché la sua scrittura è talmente fluida e leggera che vola a qualsiasi latitudine e longitudine. Te la porta intatta, con tutta la sua solarità, pigrizia ed eleganza. Una bella riscoperta.
Ercole Patti, siciliano, ha avuto il dono innato di una scrittura sensuale, il che non vuol dire erotica tout court, benché schiettamente lo sia, ma attenta alle minime sfumature, aperta attraverso i sensi sia alla bellezza femminile come poi dei luoghi, delle case, dei loro cortili ombrosi e pieni di polvere, delle loro stanze vuote, degl’alberi che le ornano affacciandovisi e, simile a una pupilla stimolata dalla luce, capace di accogliere in sé, nella sua sottile tessitura, il ritmo damocleo del tempo, pienamente, nel suo incalzante precipitare e nelle sue estasi incantate. La consapevolezza del tempo che passa, delle persone che scompaiono lasciando un’impronta che, però, non è più vera presenza davanti ai sensi, polarizza questa raffinata prosa; per cui anche l’amore segreto ma saldo fra Enzo e la cugina Agata, iniziato nei teneri anni dell’adolescenza, già nasconde in sé la sua fine, dai primi loro sguardi quando Agata bambina correva nella stanza a vedere il cugino immerso nello studio fra dizionari, libri di testo e, se non ricordo male, il mappamondo. Poi Agata inavvertitamente, fra una visita e la successiva, mentre Enzo, distratto dai suoi pensieri e dalle letture di libri propostigli dall’amico Fragalà, è nell’eremitaggio di campagna, nella villa dei loro rendez-vous che anche lei conosceva bene, si ammala e viene a mancare. Allora la capitale solitudine di Enzo aumenta insieme alla sua riflessione sulla vita, ai colloqui con Fragalà, agli sguardi filosofici – quasi da moralista francese del Settecento o usciti dalla penna di Seneca – per vedere in prospettiva le vite degl’altri, gli amici della giovinezza. Un esercizio assai utile, perché fa in modo che l’occhio si abitui a seguire il movimento di un’esistenza dall’alfa all’omega imparando almeno un po’ ad affrancarsi dal dominio delle passioni, dalla brama di possesso, dal desiderio della “roba”. Tutti quei difetti insiti nella mente e che solo la cura del tempo, la sua parabola inesorabile, guarisce.
Trovo che la quarta di copertina sia assolutamente azzeccata: [...] Patti narra l'avvincente storia di due cugini, Agata ed Enzo, amanti fin dall'adolescenza, in un'atmosfera fatta al tempo stesso di esaltazione della natura, di acuta sensualità, di un gusto sottilmente ambiguo della solitudine e della morte. [...]
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