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Lettura, in parte, certamente interessante, soprattutto in rapporto alla coerente, sincera ed a volte anche impietosa analisi che l'autore espone a proposito del basso livello culturale degli Italiani, e la nostra piuttosto scarsa inclinazione alla lettura, in particolar modo quando i parametri sono paragonati a quelli dei Paesi dell'Europa centrale e settentrionale ma anche in rapporto ai Francesi. Certamente il risultato dell'eredità che il nostro Paese deve alla Chiesa; infatti, è noto che per secoli sul nostro territorio non solo non era incentivata la lettura, mentre agli Ebrei la stessa religione imponeva le letture bibliche, ma in certi periodi, chi fosse sorpreso con libri in casa, rischiava di essere giudicato dalla Sacra Inquisizione. Ebbene, con Calvino e principalmente con l'avvento della Riforma Protestante di Lutero che aveva tradotto la Bibbia, rendendola accessibile al vasto pubblico, quei Popoli erano stati direttamente incoraggiati a leggere, mentre noi, rimanevamo succubi del nostro clero e delle loro soggettive interpretazioni che non potevano essere messe in dubbio, anche se poi, in realtà non pochi papi, cardinali e vescovi, nonché parroci non raramente vivevano in totale contraddizione con ciò che predicavano. Ma per tornare a De Mauro, è davvero un peccato che gli insistenti richiami ricorrendo alle sue preferenze politiche, abbiano compromesso questo eccellente lavoro; infatti, con una - ed a mio modesto parere - miriade esagerata di riferimenti praticamente esclusivi della stampa di sinistra: Unità, Paese Sera, Manifesto, Repubblica e Rinascita e troppi elogi ai personaggi di questa stessa sinistra, egli ha mostrato di non essere abbastanza imparziale, come se gli intellettuali mancini avessero un po' il monopolio di questa scienza. Ragione per cui, a tratti, per il mio particolare gusto, il saggio è risultato indigesto. Perciò, non mi pare giusto andare oltre un voto piuttosto basso.
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