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Pur ritenendo che il mio tempo sia impiegato in modo più fruttuoso nella lettura di saggi, anziché di narrativa fantasy, non mi pento di questa eccezione. È impressionante quanto un centinaio di rettangoli di carta sporcati d'inchiostro sappiano parlare di noi. "I dannati di Malva" è un racconto che mi ha ricordato con un'accuratezza imbarazzante il mandante di questa lettura: richiami alle armi bianche, vite di schiavi consumate per realizzare oggetti frivoli e cenni ad un relativismo che è già stato oggetto di un dibattito personale. "Il mondo degli uomini era un bailamme in cui distinguere il giusto dall'ingiusto, il buono dal cattivo era impossibile. Il mondo degli uomini era impenetrabile, confuso, caotico." è una citazione che racconta il nichilismo e il conflitto interiore vissuto da Telkar, in un contesto TEMPORANEO che precede un cambiamento radicale. Ritengo non sia possibile, né auspicabile, vivere costantemente in questo relativismo morale, mantenendo le qualità dell'essere umano. Diversi temi fondamentali si intrecciano, scanditi da frequenti alternanze di prospettiva, a sottolineare l'interiore, quanto genetico/strutturale, conflitto del protagonista. Dalla noncuranza per la natura, alla discrepanza tra realtà e verità ufficiale, dall'omicidio, all'importanza della famiglia, all'alienazione del lavoratore: "Noi siamo qui per spalare, e io questo faccio. Per quel che ne so, potrebbe essere un lavoro completamente inutile, che ci fanno fare per il solo gusto di torturarci". Lo sfruttamento narrato è un ottimo spunto per ricordare e approfondire, tornando al mondo di oggi, il vero prezzo dei nostri sfizi. Unico problema di verosimiglianza nel racconto: la magia. Come è possibile che Lavio e Carea siano detentori di una magia così potente da riuscire ad addormentare le guardie per evadere ogni notte, ma non usino la stessa magia durante il lavoro per ribellarsi contro gli abusi?
Se avesse sviluppato di più la storia e i personaggi sarebbe stato decisamente migliore, eppure nel suo intento ci riesce lo stesso, ponendo sotto i riflettori il tema del razzismo e dello schiavismo
Un gradino sotto le trilogie ma comunque avvincente e ben scritto. Licia Troisi non si smentisce e, anche in questo romanzo, riesce a dire la sua, utilizzando una scrittura sempre scorrevole
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