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Piccolo romanzetto ambientato in epoca fascista nelle colonie italiane. L'autore è doccente di storia dell'Europa moderna presso l'ateneo cagliaritano. Ho apprezzato molto questo breve testo di 100 pagine circa. Si legge tutto d'un fiato ed è certamente meno pesante di altri romanzi dello stesso autore (vedi "il salotto della signora Webb"). Lo stile di scrittura è scarno ma non per questo banale e il plot presenta un buon intreccio.
Recensioni
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Già due anni or sono Eupremio Carruezzo e Luciano Serra erano stati protagonisti di un romanzo di Marrocu, Fàulas, ambientato nell'Italia del 1939. Con Debrà Libanòs l'autore, che insegna storia contemporanea ed è autore di importanti studi sulla sinistra inglese, colloca i due personaggi nell'Etiopia del 1937. Anche in questa occasione, la scrittura elegante ed essenziale si giova di un solido impianto storico. Senza peraltro che la narrazione abbia a risentirne. Tutto comincia con l'uccisione di un notabile dell'Ovra, che si verifica poco dopo i fatti di Debrà Libanòs, l'eccidio di monaci deciso da Graziani in conseguenza d'un attentato rivolto contro di lui. È attorno a questi due centri motori che si snoda la vicenda. Spiccano le note psicologiche su Carruezzo, obeso commissario specialista in piani antisovversione sopraffatto dalle paure e dall'appetito, sul poliziotto Oppo, un "disfattista melanconico", e su Serra, il vero protagonista, straniero alla sua Italia e al suo tempo. Parallelamente, una vivida ambientazione prende forma da viaggi, feste dell'alta società coloniale, riti e usanze, oltre che dalla pura e semplice forza evocativa dei nomi: Assab, Gibuti, Addis Abeba ("casualità pura, foresta disboscata, meccanico raggrumarsi di esistenze"). Del romanzo, chiuso da un fine estratto diaristico, rimangono più d'ogni altra cosa le parole di una medium abissina su Debrà Libanòs, come luogo di pace distrutto da "un'orda di demoni". E se per Serra la trance della donna è una "messinscena" degli autoctoni volta a denunciare il massacro, tanto più a chi legge potrà sembrare che l'autore, con questa vicenda, abbia anche inteso far finalmente campeggiare nelle nostre coscienze, e nelle nostre librerie, dopo le censure e le rimozioni, uno dei più gravi crimini del fascismo.
Daniele Rocca
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