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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Un bel giallo ambientato negli anni settanta in Islanda. La storia è scorrevole e l'ambientazione è interessante
bello e scorrevole!
Lo ammetto: ho preso una “cotta letteraria” per questo autore. Per le sue storie lineari e per i personaggi che disegna (protagonisti e comprimari): grigi, ma con un’anima, come i paesaggi e l’ambientazione.
Recensioni
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Islanda, fine anni Settanta. Una donna è immersa nelle acque di uno dei laghi di Svartsengi, nei pressi di una centrale geotermica, e trova accidentalmente il cadavere di un uomo. Incidente? Suicidio?
«Vi elettrizzerà.» - Library Journal
«Ho già letto almeno cinque libri con protagonista il suo commissario Erlendur.» - Andrea Camilleri
«Il miglior scrittore di gialli nordico.» - The Times
Il malato di psoriasi può trarre gran beneficio da immersioni regolari in acque ricche di silicio organico. Calma la pelle, attenua il prurito, diminuisce i focolai. L’Islanda abbonda di bacini acquiferi colmi del prodigioso minerale. Un motivo in più per visitare il paese, il cui brullo panorama da pianeta alieno è diventato irresistibile meta turistica non solo per i poteri curativi delle sue acque. Impossibile infatti resistere al fascino della piccola isola vulcanica, attraversata da desolate brughiere ghiacciate e da inermi distese di ghiaia e pietrisco, in cui le piante devono lottare strenuamente per la sopravvivenza. Un unico consiglio se volete visitare il paese per curare dermatiti o altre malattie della pelle. Prima di ammollare i piedi nelle miracolose acque lacustri è opportuno controllare che manchi l’ingrediente segreto proposto da Indridason: il morto. Si ritiene infatti che la presenza cadaverica possa compromettere notevolmente la cura.
Per lo scrittore islandese è normale arredare i paesaggi mozzafiato della sua patria con morti ammazzati, il cui rinvenimento nelle primissime pagine è diventato oramai un divertente leitmotiv, l’immancabile punto di partenza delle indagini di Erlendur. Stavolta il cadavere appartiene a un giovane meccanico trovato nelle acque termali di Keflavik, probabilmente occultato dopo una colluttazione finita in tragedia. Vestito all’americana, con tanto di stivali da cowboy, si presume che lo sfortunato giovane frequentasse la base militare statunitense nei paraggi, un covo di contrabbando di birre, proibite nell’Islanda bacchettona degli anni Settanta, e marijuana. Verosimilmente il ragazzo avrà fatto affari con il contrabbandiere sbagliato, o magari con un marine…
L’indagine porterà presto Erlendur a scontrarsi con le autorità militari statunitensi, dal detective definite forze di invasione, tradendo uno spiccato antimilitarismo. Caroline è l’unica tra gli yankee a salvarsi dall’algido sguardo inquisitorio di Erlendur, forse perché la ragazza è di colore e perciò di frequente oggetto di odiosi sbeffeggi da parte degli abitanti autoctoni. Il detective, per quanto sia di orientamenti anti-americani, proprio non sopporta le derive razziste dei compatrioti, comuni in quei difficili anni in cui l’Islanda, importante avamposto NATO durante la Guerra Fredda, era avvampata da un feroce nazionalismo. La giovane ufficiale di colore lo aiuterà a far luce sul caso e a muoversi dentro la base, dove le indagini prenderanno, come da copione, una piega inaspettata.
Un delitto da dimenticare è il secondo prequel dedicato alla gioventù dell’ispettore, il seguito di Le notti di Reykjavík. Ambientato negli anni Settanta, in un periodo in cui era un semplice detective, questo capitolo è un’occasione per approfondire i motivi dietro l’ossessione di Erlendur verso i cosiddetti cold case, cioè quei delitti archiviati perché mai risolti. Infatti, oltre all’indagine principale, il protagonista seguirà il caso della sparizione di una ragazza avvenuta venticinque anni prima, la parte più avvincente e importante del romanzo poiché chiarisce alcuni eventi del difficile passato di Erlendur, legati alla scomparsa del fratellino quando aveva otto anni.
La scrittura di Indridason è come al solito misurata e minimalista, a tratti disarmante per quanto è semplice, ma invece di risultare monocorde e banale, questo stile è divenuto l’arma vincente per lo scrittore islandese, poiché si fonde alla perfezione con la ambientazione deprimente e rarefatta, ma soprattutto con la distaccata caratterizzazione del suo protagonista. L’algido Erlendur è infatti tetro, di pochissime parole, un uomo in apparenza senza emozioni. Un vero scandinavo. Le sue indagini raramente sono ricche di colpi di scena destabilizzanti e l’azione non ha mai un ruolo predominante. Le ricerche avanzano quasi meccanicamente per incastri realistici e gli interrogatori sono condotti con quella scarna gentilezza priva di empatia capace di restituire l’atmosfera di cupa e indifferente solitudine che un vero appassionato di gialli scandinavi ricerca. ”Tutto è gelo tranne l’anima” declamava la poetessa russa Cvetaeva. Non aveva ancora letto Indridason.
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