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Vi sono certi periodi, in una vita, nei quali tutte le tensioni latenti sembrano addensarsi e si prefigurano già quelle che segneranno il tempo a venire: tale fu per Lukács il periodo tra l’aprile 1910 e il dicembre 1911, quando il giovane saggista ungherese stava preparando l’edizione tedesca di quello che sarebbe rimasto il suo libro più felice: L’anima e le forme. I saggi che compongono quel libro raccontavano in cifra la storia sottile e tormentosa del suo amore per Irma Seidler. E tutto il libro era un frammento del lungo dialogo con l’amico Leo Popper. Alla fine di quei mesi esacerbati, Irma si uccide e Leo muore di tubercolosi. Poco tempo prima di questi fatti, Lukács annota nel suo diario: «Se guardo al futuro, ai cinquant’anni che seguiranno, vedo davanti a me un grande deserto grigio». In un ampio saggio che accompagna questo diario – forse il più significativo tra gli inediti lukacsiani recentemente apparsi – Massimo Cacciari ha disegnato quella «metafisica della gioventù» che dà tono e intensità a questo testo e lo avvicina, per la sua dolente crudezza, al clima di Weininger o di Michelstaedter. Ma questa è per lui anche l’occasione per riscoprire la vivissima Budapest di quegli anni e per leggere in modo non più «impressionistico» tutti gli scritti di quel giovane Lukács in cui si rivelava un grande saggista che avrebbe poi passato buona parte della sua vita a punirsi.
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Testimonianza impareggiabile del tormento di un uomo alla ricerca del senso della propria esistenza. Interrogazione inesausta sul conflitto tra vita intellettuale e vita materiale, tra pensiero e azione. Vediamo il difficile cammino di Lukacs per uscire dalla disperazione. E forse, chissà, anche a voi a lettura ultimata resterà il rimpianto per il Lukacs che non abbiamo avuto, poiché balena l'idea che l'uomo, per sopravvivere, abbia imbavagliato una volta per tutte il suo spirito troppo sensibile. Arricchito da un illeggibile saggio di Cacciari, resta comunque per me, insieme ai quaderni di Wittgenstein, una delle opere fondamentali da leggere al confine dell'età matura, per non dimenticare le possibilità e non chiudere gli occhi davanti all'abisso dell'esistenza.
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