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Diario di una cameriera
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Diario di una cameriera - Octave Mirbeau - copertina
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Diario di una cameriera

Descrizione


Pubblicato per la prima volta in volume nel 1900 dopo due apparizioni su riviste, il romanzo ebbe un impatto fortemente sovversivo per aver affidato a una cameriera il ruolo di protagonista e osservatrice lucida, implacabile e voluttuosa, di una borghesia ipocrita e corrotta. Célestine passa senza sosta di famiglia in famiglia senza mai trovare un ambiente che le consenta di restare, vuoi per le continue angherie delle padrone di casa, vuoi per le inevitabili avances dei mariti. Ma è soprattutto nei confronti del sesso che la figura di Célestine rompe gli schemi convenzionali dell'epoca: se da un lato l'erotismo è vissuto in maniera naturale, dall'altro il ruolo di "preda sessuale" appare come un estremo quanto vano tentativo di pareggiare i conti rispetto agli abusi subiti sul lavoro. Sullo sfondo la provincia francese di fine Ottocento, con i suoi giardini curati, le cene di rappresentanza, i delitti sordidi, le violenze insabbiate, l'antisemitismo dilagante. "Diario di una cameriera", pur utilizzando uno stile leggero e ironico, volle suscitare intenzionalmente nei lettori scandalo e nausea verso un sistema sociale basato su una moderna forma di schiavitù. In catalogo da oltre un secolo, il "Diario", qui presentato in una nuova traduzione, ebbe anche due celebri trasposizioni cinematografiche: la prima di Jean Renoir nel 1946 e la seconda, nel 1964, diretta da Luis Bunuel, con Jeanne Moreau e Michel Piccoli. Nel 2015 è in uscita una nuova versione, interpretata da Lea Seydoux.
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Dettagli

2015
19 febbraio 2015
288 p., Brossura
9788861928152

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luciano
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Siamo nella Francia di Zola e del caso Dreyfus. La cameriera Célestine è nel fiore degli anni, bella e graziosa; è spontanea, simpatica, coraggiosa e determinata e nel suo diario racconta le sue numerose esperienze sessuali: " Già a dieci anni non ero più pura... pervertita da tutte le porcherie alle quali mi lasciavo andare coi monelli, mi ero sviluppata fisicamente assai presto". Dal diario emerge anche il racconto di una borghesia dai molti "vizi privati" e dalle molte "pubbliche virtù, una borghesia espertissima nel nascondere " la spazzatura sotto i tappeti". Scrive Célestine: " Coloro che si lasciano abbagliare dalle forme esteriori, non possono nemmeno pensare quanto il bel mondo, "l'alta società" sia sporca e putrida...si può dire senza calunnia che non viva se non per le basse volgarità, per la sporcizia..." e ancora: Non ci si immagina neanche la quantità di porcherie, vizi vergognosi e odiosi delitti che può nascondere dietro una facciata di virtù, una famiglia onesta e rispettata". Libro leggere assolutamente per il suo brio e la sua verve.

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Voce della critica

  Le Journal d'une femme de chambre è in Italia uno dei titoli più fortunati di Mirbeau, insieme al Jardin des supplices, favorito da quel successo di scandalo di cui lo scrittore è circondato, sorta di foschia che ancora oggi rischia, per la legge del contrappasso, di respingere molti lettori. Uscito in feuilleton su L'Echo de Paris tra il 1891 e il 1892, e per la prima volta in volume nel 1900, il Journal è stato più volte ripreso al cinema (in primis da Louis Buñuel) e a teatro. Tradotto in italiano nello stesso 1900 presso Fiorini, con il titolo Le memorie di una cameriera, viene accaparrato nel 1905 col medesimo titolo da Salani, che lo sfrutta quasi come contrappunto alla letteratura della Grande guerra: escono infatti nuove edizioni nel 1914, nel 1916, nel 1918. È poi in epoca fascista, nel 1936, che viene pubblicata, con il titolo Il Diario di una cameriera, la nuova traduzione di Jolanda Gianoli. Ma l'interesse non si ferma e le edizioni si moltiplicano. Negli anni sessanta esce un'edizione delle Memorie per la Conchiglia; la fortunata traduzione di Mario Ajres-Lia (Le memorie licenziose di una cameriera, Meb, 1970 e 1993) viene ripresa da Sonzogno (1986) e da Milano Rcs (1994); mentre Augusto Sevartelli traduce Memorie di una cameriera per il Club del libro (1974) e Mondadori fa uscire il Diario di una cameriera (1982) con introduzione e traduzione di Roberta Maccagnani. Adesso Luisa Moscardini, si cimenta a sua volta con il testo dello scrittore. Frutto di una passione? È fresca di stampa infatti la sua traduzione del romanzo Marie-Claire di Marguerite Audoux, che era uscito nel 1910 proprio con la prefazione di Mirbeau. Come titolo Moscardini appoggia quello di Diario di una cameriera. La distinzione tra diario e memorie non è da poco: le memorie si rivolgono a un lettore, e si situano immediatamente a un livello più alto; mentre il diario si offre come scrittura che potrebbe anche restare ignorata. Il titolo Memorie licenziose di Ajres-Lia suggeriva in più quel richiamo di oscenità che ha determinato la fortuna del testo. Mirbeau però aveva scelto il termine Journal. A chi, del resto, la sua protagonista può desiderare di far leggere le sue impressioni, dal momento che si pone al di fuori di ogni rapporto di solidarietà sociale? Il suo disprezzo per il mondo non ha l'eguale se non nel suo stesso autore. Nel 1865 i fratelli Goncourt avevano pubblicato il romanzo Germinie Lacerteux, incentrato sulla doppia vita della loro donna di servizio, che nascondeva oscure perversioni, subendo così l'accusa di fare gli entomologi della classe povera. Mirbeau dà invece direttamente la parola a Célestine, che una sventura iniziale (la morte del padre, pescatore bretone, in mare, e il conseguente alcolismo della madre) aveva portato quasi bambina sulla via della prostituzione e poi della condizione servile. La lezione del naturalismo si ferma tuttavia qui. Il feticismo degli stivaletti, che Buñuel ha reso così bene sullo schermo, il fascino tenebroso del domestico Joseph, probabile pedofilo assassino, l'innocenza e la perfidia della protagonista, sono materiali per un romanzo d'appendice a forti tinte: e purtroppo questo ha determinato la fortuna dell'opera. Ma la lettura rivela una realtà differente. "Un domestico non è un essere normale, scrive Célestine, un essere inserito nella società… È un essere diverso, composto di parti che non si incastrano l'una nell'altra, né si giustappongono… È qualcosa di peggio: un mostruoso ibrido umano. Non appartiene più al popolo da cui esce, ma non è nemmeno parte della borghesia in cui vive e verso la quale tende…". Dei padroni e del popolo scorge un'analoga bassezza, che sembra appartenere alla specie umana. Da un lato disprezza i padroni, e le loro "gibbosità morali": "Io adoro servire a tavola. È qui che si scoprono i propri padroni in tutta la sporca bassezza della loro intima natura". Dall'altro prova orrore per il popolo, che, nella sua furia contro i potenti, si deforma, si altera: "Una fiumana ininterrotta di sconcezze, vomitate da quelle bocche tristi come da una fogna (…) ne ricavo un'impressione tanto più penosa perché la stanza in cui ci troviamo è buia, e le facce vi si deformano fantasticamente…". La scrittura espressionista di Mirbeau rende grottesco ogni essere, ogni rapporto, ogni elemento della vita sociale, quasi a dare conferma dell'assurdità dell'esistere. È in questa direzione che va la poetica di Mirbeau, attuale e vicina alla sensibilità contemporanea, priva di certezze. Ma è in altre opere che si mostra con maggiore evidenza, senza aspetti scandalistici, la tensione esistenziale che costituisce la sua nota dominante. Dans le ciel (Nel cielo), che Albino Crovetto traduce in Italia per la prima volta, nella collana curata da Eileen Romano, rappresenta uno dei momenti più significativi, forse, della scrittura mirbelliana. Eppure il silenzio lo ha seppellito per più di cent'anni. Sul versante francese infatti non si scherza: il feuilleton, comparso su L'Echo de Paris poco dopo il Journal d'une femme de chambre (tra il 1892 e il 1893), deve solo all'impegno di Pierre Michel l'edizione in volume nel 1989. Ora è forse l'interesse di Crovetto, traduttore delle Perle morte, a dare una chance all'opera in Italia. Questa macroscopica diversità tra la fortuna dei due romanzi è già indicativa della loro profonda differenza. Mirbeau stesso aveva abbandonato Nel cielo al suo destino: forse, come suggerisce Pierre Michel, perché non del tutto convinto che si trattasse di un'opera finita. Ma forse anche perché questa volta l'autore non era sceso a patti col gusto dei lettori, per dare spazio invece a riflessioni esistenziali ed estetiche, e alla passione per la pittura, che lo aveva portato a battersi in prima linea nella difesa degli artisti contemporanei. Qui, infatti, sotto il personaggio di Lucien, emerge senza altri veli la figura di Van Gogh, a cui Mirbeau aveva dedicato il primo articolo sulla stampa. Nettamente diviso in due parti, il romanzo descrive nella prima il personaggio di Georges, giovane dotato di acuta sensibilità, e per questo isolato come un paria dal mondo borghese, quindi il suo incontro con Lucien, che vede in lui il discepolo ideale, e lo fa partecipe dei suoi tormenti artistici. Il testo è scritto in prima persona, con una curiosa successione di due diversi narratori, alla fine non risolta. Al primo, un anonimo borghese, il secondo, Georges, consegna la storia della propria vita, vale a dire quello che non ha mai avuto il coraggio di esprimere, per timidezza o goffaggine. Temperamento artiste, represso dall'educazione e dalla società, Georges ha la fisionomia del vinto e del refrattario. Lo scrittore stringe da vicino la definizione di arte, senza cercare di risolverne le contraddizioni. "Un paesaggio è uno stato del tuo spirito, come la collera, come l'amore, come la disperazione... E la prova è questa: se tu dipingi lo stesso paesaggio in un giorno di allegria e in un giorno di tristezza, non lo riconosci più" esclama Lucien, in pieno paysage d'âme. In un'alternanza delle voci di Georges e di Lucien, Mirbeau trasmette l'angoscia del creatore, oppresso dai propri limiti nei confronti del mondo visibile, di cui il cielo rappresenta un'immagine quasi minacciosa. La furia devastatrice di Lucien, torturato dalla propria inadeguatezza, è descritta con uno stile sempre più emozionale e franto; allo stesso modo la struttura narrativa si apre sempre di più, per lasciare spazio alle voci dei personaggi. Si conclude così, con un'opera che anticipa molte intuizioni novecentesche, la galleria dei grandi artisti vinti dall'arte, sorta di leitmotiv dell'Ottocento francese, dal Capolavoro sconosciuto (1831) di Balzac a Manette Salomon (1867) dei Goncourt all'Opera di Zola (1886).   Ida Merello

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Conosci l'autore

Octave Mirbeau

(Trévières 1850 - Parigi 1917) romanziere e commediografo francese. Nelle sue opere, che ebbero vasto successo, descrisse con toni crudamente naturalistici la degradazione della borghesia: Le memorie di una cameriera (Le journal d’une femme de chambre, 1900), romanzo; Gli affari sono affari (Les affaires sont les affaires, 1903), commedia satirica.

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