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"Il pensiero ha due corni: l'uno, detto cattiva volontà (per sventare le categorie), l'altro, cattivo umore (per puntare verso la stupidità e conficcarvisi). Siamo lontani dal vecchio saggio che pone tanta buona volontà nell'attingere il vero, che accoglie con uguale umore la diversità indifferente delle fortune e delle cose; lontani dal cattivo carattere di Schopenhauer che si irrita delle cose che non rientrano da sole nella loro indifferenza; ma lontani anche dalla "melanconia" che si fa indifferente al mondo, e la cui immobilità segnala, accanto ai libri e alla sfera, la profondità dei pensieri e la diversità del sapere. Servendosi della sua cattiva volontà, e fingendo il cattivo umore, da questo esercizio perverso e da questo teatro il pensiero attende l'uscita: la brusca differenza del caleidoscopio, i segni che si illuminano per un istante, la faccia dei dadi gettati, la sorte di un altro gioco. Pensare non consola né rende felici. Pensare si trascina languidamente come una perversione; pensare si ripete con applicazione su un teatro; pensare si getta di colpo fuori dal bussolotto dei dadi. E quando il caso, il teatro e la perversione entrano in risonanza, quando il caso vuole che tra i tre ci sia una simile risonanza, allora il pensiero è una "trance"e vale la pena di pensare"
Michel Foucault
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penso sia il libro più difficile che abbia mai letto. eppure, nei limiti della mia comprensione, qua e là sono riuscito a cogliere dei flash strabilianti
più complicato di millepiani!
Si tratta di un'opera decisamente impegnativa, pubblicata nel 1968 e tesi di dottorato. Corredata da una prefazione criptica, dove si elogia l'immaginazione, la fantascienza, il mondo capovolto di Erewhon, il libro si apre con una lunga e densa introduzione in cui vengono esaminati la differenza e la ripetizione, analizzate distintamente nei primi due capitoli (1-2) contro l'immagine del pensiero rappresentativo (cap.3) per delineare la costruzione della differenza nelle sue ripetizione nel mondo virtuale delle idee (Sintesi ideale della differenza cap.4), e per chiarire come questo mondo ideale venga realizzato e differenziato nel mondo effettivo (Sintesi asimmetrica del sensibile cap. 5), con una conclusione in cui si cerca di riprendere tutti i concenti dispiegati per una loro riproposizione relativamente più piana e distesa (cap. 6). In una recensione è inutile soffermarsi su tutti i concetti fondamentali (le sintesi passive, l'Io incrinato, la forma vuota del tempo, Eros e Memoria, l'Istinto di morte, l'eterno ritorno, il precursore buio, i rapporti differenziali tra le serie, le singolarità e le varietà di tali rapporti, la differe(t)iazione e la differen(z)iazione, rispettivamente nel mondo virtuale e in quello attuale, ecc...); il fatto è che, contro l'ontologia tradizionale, si affaccia l'unica ontologia possibile, che davvero sia in grado di restituire all'Essere la sua più profonda libertà abissale, fino a tutto ciò che è, fino alle cose infime formicolanti, quelle che Platone non poteva ammettere neanche come copia dei modelli iperuranici. L'essere non è identità, non si dice in modo analogo secondo la ripartizione delle categorie, attraverso i rapporti di somiglianza, negazione e opposizione, relegando la differenza a rapporto di somiglianza o di negazione, compresa in senso hegeliano nell'identità, e facendo della ripetizione semplicemente una successione numerica di individui della stessa specie. L'essere è differenza che ripete la differenza.
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