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Uno tra i miei libri preferiti, un capolavoro, uno di quei libri che fa pensare alla vita. Un invito a non sprecarla.
Sarà che l'ho letto in un periodo della mia vita in cui il mio tempo scorreva via come sabbia tra le dita senza che io me ne rendessi conto, sarà che stavo vivendo sulla mia pelle il passaggio dal liceo all'università, ma l'ho adorato perchè mi sono immedesimata nel personaggio e nelle sue sensazioni. Quando si è bambini non ci si rende conto del tempo che scorre, si ha tutta la calma del mondo per guardarsi attorno e cogliere il bello di ogni cosa. Poi arriva un giorno in cui si cresce e ci si rende conto che il tempo a disposizione è sempre meno. Secondo me è da leggere in periodi della vita in cui sono in ballo delle transizioni, solo così lo si può capire, ma soprattutto apprezzare.
Dino Buzzati concretizza il " Minimalismo " prima che sia teorizzato dagli autori americani dei primi anni ottanta. Mette in pratica il grande indugio del caso , l' attesa del " domani accadra' ", il grande senso del nulla che veste la totalita' estrema ed ingombrante delle cose della vita, prima che questi nuovi " ingredienti " diventino , l' inflazionato l'humus di ogni cuoco-scrittore di gialli dei nostri tempi " troppo gialli ". Buzzati e' oltre e prima di ogni altro e suo malgrado. E' avanti in un epoca di ordinaria ovvieta' dei parametri di stesura di un qualsiasi testo narrativo del suo tempo. E' Becket prima di Becket o come Becket e senza essere Becket nell' oggetto stesso dello specifico della fabula. Buzzati era un personggio isolato , non-compretitivo , perso nelle stanze del Corsera in via Solferino che tratta con indifferenza i tanti che , in altre stanze , si fanno una guerra spietata per essere cercare di essere i Buzzati dei giorni a venire. Freddo e incravattato, ironico e forte fumatore, distante e cortese come chi, nella pausa caffe', non si alza dalla sedia perche' : sta studiando una mossa a sorpresa per vincere la sua partita a scacchi con Dio. E vince.
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