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Böckenförde, da decenni autorità nella giuspubblicistica tedesca, ha da poco varcato i confini del suo paese grazie anche all'attenzione da tempo prestatavi dal cardinale Ratzinger, ora papa Benedetto XVI. Nell'arco di un anno sono così apparse in Italia tre pubblicazioni che raccolgono numerosi scritti dell'ex giudice della Corte costituzionale tedesca. Il cuore della riflessione di Böckenförde pulsa attorno a questo duplice interrogativo. Chi siamo noi, membri di una data società organizzata mediante lo stato? Come dobbiamo e vogliamo convivere? È a partire dalla radice dell'obbligazione politica dei nostri ordinamenti politico-giuridici, della sua messa in discussione per effetto dei concomitanti processi di globalizzazione, europeizzazione e individualizzazione, che il giurista si muove alla ricerca di risposte soddisfacenti. Attraverso una rilettura interessante di Carl Schmitt, di Herman Heller e del Marx della Questione ebraica, Böckenförde intende arrivare alla dimostrazione che l'odierno stato sociale democratico è compatibile con una cittadinanza nutrita di un forte senso di appartenenza alle istituzioni e alla società. Ma la dimostrazione non è scontata e questo libro, raccolta di saggi redatti in oltre quarant'anni, rappresenta una ricognizione sulle reali possibilità teoriche di giungervi. Magistrale per acutezza e chiarezza è la ricostruzione che l'autore compie della nascita dello stato come processo di secolarizzazione, attivato sin dai tempi della lotta per le investiture (1057-1122) ed esploso in tutte le sue conseguenze con le guerre di religione tra XVI e XVII secolo. Eclissatasi la religione, e in seguito anche la nazione, resta da chiedersi se la costituzione possa coniugare ordine e libertà. Danilo Breschi
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