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Discorso dell'ombra e dello stemma - Giorgio Manganelli - copertina
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Discorso dell'ombra e dello stemma

Descrizione


Se c'è un libro dove Manganelli ha mostrato, nella forma più radicale ed estrema, che cosa intendeva per letteratura, è questo. Ed è senz'altro una concezione allarmante rispetto a quelle correnti. Per Manganelli, la letteratura è qualcosa di ben più temibile ed enigmatico di quel che pensano quanti si sforzano «di mettere assieme il bello ed il buono». A costoro la letteratura non può che rispondere «con sconce empietà». Perché il suo compito non è di interpretare, documentare, esprimere idee, semmai di disorientare, inquietare. Di ridere - astratta e solitaria. È il riso antico di Dioniso, senza il quale non ci sarebbero parole. Cadono così, sotto i colpi di Manganelli, molte certezze: persino la fiducia che riponiamo nella figura dello Scrittore. Che in realtà è solo un «passacarte», un Grande Mentitore, agito dalle parole. La scrittura, infatti, accade, e lo attraversa e parla per suo tramite. Ma anche i lettori non hanno di che stare tranquilli. Devono finalmente rendersi conto che coltivano una «dolce e ritmica demenza».
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Dettagli

2017
14 settembre 2017
192 p., Brossura
9788845931956

Valutazioni e recensioni

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Sandro Grammauta 1974
Recensioni: 5/5

Un ripasso? No! Come leggere un altro libro. Allora riprendo questo dannatissimo Discorso ombroso e stemmato, e prima di scendere direttamente nell'Ade, dove la letteratura si fa cloaca, fogna, doppelganger di un certo Moloch, ovvero l'intima essenza della letteratura stessa, mi soffermo sulle prime pagine, in cui il nostro Gran Giullare, immagina l'esistenza potenziale della letteratura e di tutte le figure che ruotano intorno ad essa, niente di meno che nella preistoria, indi abbiamo: recensori, librai, lettori, editori (che pagine ragazzi, li fa letteralmente a pezzi, con mio purissimo sdilinquire...), etc. " Il signore che incise il capro, quell'uomo mirabile e scostante, mi fa pensare quanto segue: che gli uomini di allora sapessero che a loro mancava la letteratura. Naturalmente non sapevano che si chiamava letteratura, nè avrebbero immaginato in cosa consisteva, ma essi erano privi di qualcosa (...), la loro ira era mossa, ignara, dalla brama occulta di trovare una rima, ma le rime non c'erano, e se qualcuno, parlando, produceva una rima, lo guardavano come se avesse prodotto un rumore sconveniente. (...) ...anche quei lettori che non avevano niente da leggere, anzi ancor di più, non potevano essere uomini normali. Più esattamente, avevano del demente. Si aggiravano per le caverne, per le foreste, con occhi allucinati, e con una oscura brama che non sapevano decifrare. Si sdraiavano nei pressi di un fiumiciattolo e cadevano in smanie, parlavano da soli, sfogliavano fiori per amore dello sfogliare, strappavano fili d'erba e li guardavano intensamente. Qualche volta un tale avrà pur detto, mosso da un oscuro impulso: Vorrei proprio sapere chi è l'assassino". (...) ...quel signore aveva solo bisogno di un onesto libro giallo...".

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Mario_Bambea
Recensioni: 5/5

Libro indefinibile ed infinito, una prova di talento e di pensiero unica - non è un romanzo, non è saggio, non è poesia, non è teatro, ma è anche tutte questo cose insieme. Semplicemente è quanto genera una grande mente unita ad una grande penna quando sceglie di trattare di letteratura - pagine ironiche, faconde, prolisse, dove verbi ed aggettivi si accumulano come a voler caricare al massimo le possibilità espressive della pagina scritta. Con questo stile tra Arbasino e Gadda, Manganelli ci travolge con le sue riflessioni sociali e filosofiche sulla letteratura, distruggendo l'idea elementare, banalotta e un pò infantile di una letteratura consolante, edificante, "buona". Concetto orribile, massificante e in fondo in fondo conservatore e reazionario (specie in questi tempi di isolamento forzato): no, Manganelli descrive una letteratura dionisiaca, inquietante e ctonia, che devasta e sconvolge, figlia della follia umana, opera di dementi consumata da dementi. Manganelli dà una definizione del mondo delle parole che si attaglia perfettamente al Manganelli scrittore - Lacunoso e perfetto, il mondo delle parole affabula ed irretisce Non è certo un libro per tutti, nè pagine da leggere per evadere, per essere confortati o per essere intrattenuti -come ebbe a dire un altro grande genio della scrittura italiano, Arbasino: ...è un capolavoro di un mago. Atro, egro, vertiginoso e misterioso come una Rovina Artificiale in una notte di tormento

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SH
Recensioni: 4/5

Sorta di zibaldone letterario, tra narrativa e saggio (senza soluzione di continuità). Denso e provocante, è fra i libri di Manganelli quello forse più personale e provocante.

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Recensioni

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Voce della critica

Esce per la prima volta nel 1982; fa a pezzi la letteratura; per queste pagine, scrittori e lettori sono solo dei dementi.

Giorgio Manganelli, classe 1922, ci ha lasciati nel 1990; è uno dei massimi esponenti dell’avanguardia, ma è anche un ottimo critico letterario, che però non è troppo tenero nei confronti dei suoi colleghi e di se stesso. Non si pone sul piedistallo, anzi, anche lui scende nell’ombra e negli inferi. D’altronde, proprio l’ombra è l’area in cui agisce la letteratura.

Questo libro è particolare proprio perché non ha un significato; o meglio, questo significato non si rivela subito, bensì, va cercato in quel non senso o non letteratura, che è anche la densa materia di cui questo libro è composto. Manganelli, in fondo, indaga proprio sul doppio senso della parola, partendo da quella parte in ombra, in cui ogni significato si annulla.

Per lui, la letteratura è una grande menzogna, creata ad arte da ignari bugiardi, ossia, gli scrittori. Ignari, perché credono di possedere le parole, mentre non sanno di essere posseduti da questi stemmi che traggono il loro nutrimento dall’ombra. Chi è quindi l’oscuro mentore? Per Manganelli è Dioniso, quel dio che guardandosi allo specchio, non vede il suo riflesso, bensì, il mondo e gli uomini. Le sue proiezioni formano la realtà. Ma una realtà che è frutto di un riflesso non ha nulla a che fare con la verità.

Pertanto, ecco la letteratura; ovvero, un miraggio che si fonda su parole dai significati cangianti. Significati che si intrecciano nel mito. Mito nel quale si crea il non senso. In questo gioco al massacro, lettori e scrittori si inseguono. Entrambi credono di esistere in ciò che leggono o che scrivono; invece, non sanno di essere governati da una menzogna, da un’indefinibile serie di significati che si annullano a vicenda.

Manganelli ne ha per tutti; non risparmia nessuno. Non se la prende solo con i lettori e con gli scrittori, ma anche con gli editori e i critici, che definisce fieri rappresentanti della decadenza culturale. Preferisce andare a ritroso, quando il mondo non sentiva il bisogno della letteratura; quando non esisteva la scrittura; quando l’uomo era indifferente. Eppure, proprio a causa di quella tenace indifferenza, durata per milioni di anni, nacquero i presupposti per la letteratura.

Un libro controverso, ironico, tagliente; elegante, come richiede la menzogna. Così, quest’opera ripresa da Adelphi richiama alla nostra mente qualcosa di oscuro; che è in noi. Risvegliando quell’ombra in cui tutto si nasconde e si camuffa. Forse lì risiede anche la nostra verità... scritta su pagine che mai nessuno leggerà.

Recensione di Martino Ciano

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Conosci l'autore

Giorgio Manganelli

1922, Milano

Giorgio Manganelli è stato uno scrittore e saggista italiano. Fece parte del Gruppo 63. La sua vita inizia il 15 novembre 1922, in via Ruggero Boscovich numero 4 a Milano che, se cercate su Google Maps, non c’è. Ed è così che la vita di chi ha amato, e studiato, le cose che non esistono inizia proprio in una casa che non esiste.Vissuto ai suoi tempi per lo più come un outsider, un trickster se non proprio un «teppista», oggi è considerato un classico della nostra letteratura. Collaborò al "Corriere della sera" e ad altri quotidiani, raccogliendo poi gli articoli pubblicati nel volume "Improvvisi per macchina da scrivere" (1989). Autore di saggi come "La letteratura come menzogna" (1967), "Angosce di stile" (1981), "Laboriose...

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