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Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2008
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Di Nuto Revelli scrittore e saggista sono certamente apprezzate le opere che ripercorrono prevalentemente la propria esperienza come ufficiale degli alpini in Russia prima e come partigiano poi, ma questo volume rappresenta davvero una gradita sorpresa. Porta indubbiamente a riflettere il tema del volume, la ricerca del “tedesco buono”, di cui traspare con chiarezza la difficoltà con cui l’autore riesca a coniugare tale concetto con il proprio vissuto di combattente del secondo conflitto mondiale. A prescindere da qualunque valutazione personale, un evidentemente radicato senso di giustizia porta comunque a fare luce sugli avvenimenti che conducono alla morte di un ufficiale tedesco, “il disperso di Marburg” appunto. Anche in questo volume sono riportate le interviste sulla base delle quali sono realizzate altre opere di Revelli ma, per un appassionato ricercatore di storia, è particolarmente interessante la puntuale descrizione cronologia delle ricerche documentali ed il valore dato alle fonti archivistiche. Siamo dunque di fronte non solo ad un’interessante lettura su un periodo storico molto dibattuto, ma anche ad una preziosa testimonianza di ricerca.
Un insopprimibile desiderio di conoscenza, quasi un tarlo, spingeva Nuto Revelli a condurre una ricerca sulla scomparsa di un ufficiale tedesco a San Rocco, nel cuneese, avvenuta durante l’occupazione, nel 1944. Mentre reperiva materiale per un altro suo libro Revelli si imbatte in una storia insolita, quella dell’uccisione di un giovane ufficiale della Wermacht dall’aspetto gentile, e della mancata rappresaglia d parte dei suoi camerati. Perchè l’ufficiale girava da solo a cavallo a dispetto dei regolamenti? Perchè fu ucciso e da chi? Perchè i suoi camerati rinunciarono alla rappresaglia? E soprattutto chi era questo ufficiale? Un partigiano certo poco indulgente verso l’antico oppressore tedesco vuole cercarne la parte migliore, vuole commuoversi alla storia dell’ufficiale “diverso”, del cavaliere gentile, quasi come una sorta di riscatto dalla tanta violenza di quegli anni e di pacificazione con i figli dell’odierna Germania. E’ il diario fedele di una ricerca, lasciata e ripresa nel tempo, fatta di incontri ed amicizie, di antiche omertà di chi sapeva, di difficili ricostruzioni di testimonianze dopo oltre trent’anni dall’episodio. Fatta anche di confronti tra come la Germania conserva la sua memoria storica, benchè scomoda, e come l’Italia la trascura. Nel 1994 Rossana Rossanda scriveva, commentando questo libro per L’Indice, che “L'Italia di questo secolo non ama ricordare.” Io mi spingerei oltre, l’Italia non ama ricordare in assoluto, troppo facilmente dimentica fatti e personaggi di un passato anche più recente, troppo facilmente si “rivalutano” e recuperano uomini e movimenti che portarono solo danni morali e materiali al nostro paese. Uomini e donne che si impegnano negli Istituti storici della Resistenza alla conservazione della nostra memoria possono considerarsi dei moderni eroi.
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