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Il curatore, Marco Vannini, offre al lettore italiano un piccolo tesoro rimasto finora disperso fra le pagine ottocentesche dei "Deutsche Mystiker" di F. Pfeiffer. Un libro da leggere in un giardino, nel silenzio popolato di alberi e fiori, ma proiettando la mente verso quell'intensificazione della spiritualità medievale che è l'unio mystica. Quel sentirsi - come scrive Vannini nell'introduzione - "uno nell'Uno, anzi 'ein enig ein', un unico uno", per cui parole come 'Geist' (spirito), 'Got' e 'Gotheit' (il testo è scritto in medio alto tedesco) nella scia della prosa di sorella Katrei, e spinte dalla forza di un pensiero teso all'oltre, al concetto impensabile di un superamento di Dio stesso, rifulgono di "ateismo mistico" eckhartiano. Ma, in ugual misura, sono queste parole - quasi costellazioni di un cielo antico ma tuttora visibile - a richiamarci alla vera spiritualità, al senso stesso del penti-mento, seguendo un percorso che, sebbene sia stato tracciato da Meister Eckhart, dalla viva esperienza di Katrei viene arricchito e coronato. L'ultimo stadio, la morte mistica dell'anima e lo sguardo posato su un abisso senza fondo, ricorda a tutti che "Tod ist ein seelig Ding" ("La morte è una cosa spirituale": Angelus Silesius). Ottime le indicazioni presenti nelle note, i paralleli con Silesius e Margareta Porete e, a livello linguistico, la nota 44 sull'uso del präteritum tedesco.
Il libro breve, e ben curato da Marco Vannini, espone alcuni aspetti fondamentali del pensiero di Meister Eckhart, nonostante sia il prodotto di un suo allievo/a o, più probabilmente - come io ho pensato leggendolo (e anche, soprattutto, come ipotizza il curatore) - di diversi seguaci del suo pensiero. Esistono non eliminabili incongruenze, se è vero che il testo riassume alcune posizioni del maestro dalla prospettiva di una molteplicità di allievi diretti o indiretti. Esso non è certamente esaustivo, né intende esserlo, per comprendere a fondo la complessità di Eckhart, ma è di sicuro oltremodo indicativo del suo pensiero.
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