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Don Giovanni, sempre in fuga, a cavallo di una moto, capita a Port-Royal, dove nel diciassettesimo secolo vi era "il convento più famoso - famigerato - di tutta la Francia"; nei pressi dell'antica abbazia, ormai ridotta ad un ammasso di ruderi, vi abita il narratore. E' il mese di maggio, nei giorni tra l'Ascensione e la Pentecoste. L'aria è attraversata "dai semi lanuginosi dei pioppi" che sembrano mitigare e alleggerire, per l'attimo del loro vagante passaggio, ogni cosa pesante, gravosa e petrosa. Seduto, al tiepido sole di maggio, don Giovanni inizia a raccontare, mentre l'autore, in piedi, ascolta, all'ombra "di un sambuco che sta fiorendo e i cui minuti fiori bianco gialli continuano a precipitare sulla tipica erba che cresce sotto i sambuchi". Don Giovanni si ferma, presso la locanda gestita dal narratore, per sette giorni, durante i quali racconta delle sue donne, quelle che ha incontrato la settimana precedente al suo arrivo a Port-Royal. L'autore, che in silenzio, ascolta, scrive: "Don Giovanni con il suo sguardo liberava il desiderio della donna. Era uno sguardo che comprendeva più e altro ancora oltre a lei sola, che la superava e dunque la lasciava perdere, e allora da quello sguardo lei si sentiva capita e apprezzata, uno sguardo che agiva."
Un altro Don Giovanni, il mito continua a riproporsi, gli autori piu' diversi lo affrontano, ognuno col suo sguardo particolare, ognuno ci offre un Don Giovanni diverso. Questo di Handke si distingue per le sue conquiste fatte di sguardi, di intese celate, dopo forse non accadra' nulla, nulla ci viene raccontato del dopo, e cio' che non e' raccontato non esiste. La scrittura e' intensa, quasi filosofica, il narrare non e' puro racconto, ma riflessione, trasfigurazione di eventi, sogno che si rigenera. Un Don Giovanni che ricorda Doppio sogno di Schniztler: malinconia, atmosfere soffuse, nessuna vivacita' corporea, nessun esuberante vitalismo, un Don Giovanni da finis austriae, da mitelleuropa decadente.
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