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Anno edizione: 1994
Anno edizione: 1990
Anno edizione: 1990
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Piccolo gioiello. Stile narrativo caratterizzato da precisione ed efficacia. I personaggi e il contesto sociale dell'800 sono ben delineati. Consigliato.
Il titolo DOPPIO INGANNO potrebbe avere duplice significato: l'inganno del destino e l'inganno di due cuori. I due protagonisti in realtà non si conoscevano affatto. Julie aveva riscoperto Darcy in un momento della sua vita in cui disprezzava il marito. In Darcy credeva di poter trovare ciò che le mancava. Darcy ormai aveva dimenticato Julie, in quei sette anni in cui erano stati lontani lui aveva girato il mondo, aveva fatto esperienze, mentre lei era rimasta immobile, nel suo mondo. Quindi l'inganno di due cuori che non si conoscevano e non si comprendevano e l'inganno del destino che li destinava sempre a momenti sbagliati per restare insieme. Ancora, le regole di una società che credeva ai buoni matrimoni, e quando i due si incontrarono la prima volta lei era ricca lui povero. Il secondo incontro ancora le regole della società ritornano perché lei è sposata e non può iniziare una relazione con Darcy. La società che annienta, la società che detta le regole, la società che dice quello che devi fare, la società che uccide. La società borghese dell'Ottocento. L'amore non rientrava in questo mondo. I valori importanti erano l'onore, il danaro e la vita di società. In Julie poi avverto anche un immaturità dettata dalla continua esigenza delle presenza della madre nei momenti difficili in cui si viene a trovare, e la figura della madre ritorna anche in occasione del primo incontro con Darcy, quando la madre le dice che è troppo povero per lei. Darcy invece è un dandy svagato, una fotocopia quasi del marito che acquista più valore solo perché è associato alla novità. Châteaufort forse era l'unico, insieme a Chaverny, ad esserle davvero affezionato.
Recensioni
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(scheda pubblicata per l'edizione del 1990)
scheda di Moro, C., L'Indice 1991, n. 5
La collana di classici con testo a fronte della Marsilio ospita questa piccola storia di passioni fraintese, che Mérimée pubblicò nel 1833 e più tardi ripudiò come un peccato di gioventù. Eppure non ha, di talune opere giovanili, la dismisura, o l'eccesso di intenzioni che dispiace a una sensibilità matura. Qui tutto si muove nel rispetto delle convenzioni, mondane e letterarie; la stessa sobrietà di passo narrativo esclude i toni del dramma e gli indugi sui caratteri, consente solo evidenze senza 'pathos'. Ai protagonisti - rappresentanti della bassa aristocrazia - si addicono a stento panni eroici: poco all'avvenente parigina malmaritata con un aspirante 'gentilhomme de chambre', ordinario di modi, evasivo anche nello sgarbo; non all'ufficiale che la corteggia affettando, da seduttore, devozione e turbamento; n‚ all'amico di un tempo, il diplomatico rimpatriato dall'oriente con una leggenda da spendere nei salotti, dove il suo spirito caustico motteggia sottilmente l'esotismo di maniera. Sarà costui a dare espressione all'inquietudine che lei dissimula, per orgoglio, dietro il decoro coniugale. L'incontro casuale, un incidente di carrozza che propizia l'intimità, e il "doppio inganno" è consumato. Inganno della donna, irretita dall'apparenza del proprio slancio e travolta, in breve, da un rimorso fatale. Inganno del suo improvviso amante, che riconduce l'evento ai termini noti di una relazione intravista, e solo alla fine recupera l'incertezza. Nel saggio che apre il volumetto Alberto Castoldi chiarisce con acume i virtuosismi di questo gioco specchiato, già ammirato da Gide: citazioni, letture, nomi, interventi metanarrativi, gusto del romanzesco che spinge all'amore cerebrale, al bovarismo.
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