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Ho comprato questo volume perché incuriosito dal titolo che prometteva rivelazioni clamorose, sia per l'appassionato di Dostoevskij, sia per lo studioso del pensiero di Hegel. Invece è una doppia delusione: del tutto arbitrario e congetturale che Dostoevskij abbia davvero letto Hegel (Foeldényi si inventa anche il contesto, "al lume di una candela di sego", p. 11), come si evince sin dalle prime pagine del libretto; fastidioso il fatto che l'autore sfrutti la sventura personale di Dostoevskij per sferrare un attacco alla filosofia della storia razionalista ed eurocentrica di Hegel, che meriterebbe critiche ben più meditate e accorte e soprattutto meglio documentate (se si vuole imparare qualcosa sulla filosofia della storia di Hegel si veda piuttosto la bella introduzione di S. Dellavalle alla Filosofia della storia universale, Einaudi). Rispetto poi alla critica che l'autore muove al razionalismo con cui Hegel guarda alla storia universale (Hegel secondo l'autore "cerca di strutturare la storia in modo da incontrare solo ciò che possa incagliarsi sul banco di sabbia della razionalità", p. 19), bisognerebbe chiedere all'autore in quale altro modo pensa che andrebbe condotta un'analisi storica. Hegel sa bene che la storia è un mattatoio "dove vengono sacrificati individui e interi popoli", dove "si assiste alla distruzione di quello che è più nobile e di più bello" (p. 23): e Foeldényi ne deduce che, allora, secondo Hegel, quando ragioniamo di storia, "nel nome della razionalità bisogna ignorare l'esperienza che più colpisce nel profondo" (p. 24). Non è un saggio critico su Dostoevskij, in quanto le considerazioni sullo scrittore sono in gran parte generiche e risapute; non ha poi valore come critica filosofica a Hegel perché inadeguato concettualmente e datato. Quindi uno scritto opportunistico, doppiamente mancato e inutile. Se qualcuno volesse invece leggere un testo serio su Dostoevskij e la filosofia consiglierei piuttosto l'ormai classico S. Givone, Dostoevskij e la filosofia (Laterza).
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