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Anno edizione: 2015
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'Le due chiese' esordisce alla 'C'era una volta' dalla narrazione disneyana quasi idilliaca e scanzonata, almeno fino a quando inizia la guerra. È la Grande Guerra e con i mobilitati se ne parte metà della popolazione dimorante all'ombra del Macigno Bianco, poi magramente restituita a grappoli di reduci. E la vita riparte, fino alla prossima chiamata. «Le guerre non si fanno per combattere i nemici, ma perché sono necessarie al funzionamento della società. Avere dei nemici non è un lusso ma una necessità, e fa parte della natura umana.» La passione di Vassalli, si capisce, sta nella descrizione fisica, biografica e genealogica dei personaggi; ne ritrae minuziosamente in quantità (ne ho contati almeno tredici), e gli piacciono elenchi ed enumerazioni, tanto per dare l'idea del suo stile. Abilmente e non senza una gustosa ironia, indugia in questo esercizio stilistico che alla lunga, però, rischia l'effetto didascalico reiterato e dispersivo della carrellata che - assieme a fatterelli di cronaca locale, aneddoti, divagazioni storiche, miti e leggende -, restituisce sì con nettezza il quadro di vita, usi, costumi, credenze e pensiero di quella particolare comunità di montagna, ma ne appesantisce la trama. Quello che ci ho trovato di buono è presto detto: Vassalli dà il meglio di sé come bio-storio-etnografo ma, non amalgamando armonicamente tutte le componenti per farne un romanzo di maggior fluidità quindi narrativamente più efficace, mi ha lasciata (un po' come era successo con 'La chimera' per analogia di stile), non proprio soddisfatta. Solo qua e là è riuscito a riacciuffare la mia attenzione, perciò il mio giudizio non può essere entusiastico.
Sono una lettrice compulsiva e quindi di libri ne leggo tantissimi e questo è uno dei più belli. letto due volte di seguito, la prima l’ho divorato, la seconda l’ho gustato. Capisco perché vassalli era stato proposto per il premio Nobel .
Ansimino che "aveva l'intelligenza nelle mani" è uno dei migliori personaggi della narrativa contemporanea italiana. Vassalli disegna un affresco raffigurando un tempo e un mondo che non ci sono più, affascinando il lettore.
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