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Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2019
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Purtroppo non lo ero accorta che lo avevo già...cmq bello....
Quattro superstiti della tragedia del Vajont si ritrovano in un'osteria a discutere di quella terribile sera del 9 ottobre 1963, in cui uno tsunami artificiale, causato da una frana precipitata dal Monte Toc nell'invaso sottostante, cancellò in pochi secondi oltre duemila vite e antichi villaggi contadini. Non parlano della tragedia, troppo presente nella loro memoria, gli ertani, ma del dopo: dei sussidi statali, delle speculazioni, delle responsabilità dell'Enel e del governo, del nuovo paese di cemento e del vecchio lasciato in abbandono, in cui le case fatiscenti crollano le una sulle altre come tessere del domino. Sono trascorsi oltre 40 anni, gli avventori al tempo del disastro erano bambini o adolescenti, ma non possono dimenticare, carichi di rancore e rimpianti, una vita intera trascorsa nel passato. Solo l'oste, nato dopo il '63, dice che bisogna andare avanti, magari recuperando le antiche case, aprirsi al turismo e accettare i forestieri. Sono banali discorsi da bar, e non solo di Erto ma comuni in tutto il mondo, la contrapposizione fra un passato scomparso e idealizzato, e un presente disilluso e inaccettato. Perché oggi anche i contadini vogliono strade asfaltate, case confortevoli e riscaldate, una vita fatta non solo di fatica. La conclusione è ironica e amara: anche i quattro avventori, infatti, quando un foresto entra e chiede all'oste di accendere la TV, tacciono e spostano le sedie x guardare la partita. Un racconto, più che un libro, di 50 pagine a grandi caratteri, pieno di luoghi comuni, sia pure sullo sfondo di un'immane tragedia. Non ho trovato qui né il racconto di come la sorte, quella sera, volle graziare i sopravvissuti, né la descrizione della lotta del dopo, x ricostruire un'esistenza dalle macerie di quella precedente. Una delusione, forse voluta da Corona x non dividere con altri una memoria x lui sacra.
riflettiamo mentre lo leggiamo
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