(Siena 1260 ca - prima del 1313) poeta italiano. Le poche notizie biografiche pervenute fino a noi (subì multe e processi, dilapidò l’eredità paterna e morì in grande miseria) confermano il ritratto di vita avventurosa e sregolata che esce dai suoi sonetti (oltre 110 di sicura attribuzione), ma non l’immagine del poeta ribelle e popolaresco accreditata e diffusa dai lettori romantici. Al di là dell’apparente immediatezza ed esuberanza, l’arte di A., pur personalissima, risente dei modi guittoniani e denuncia un’attenzione e una sensibilità retorica perfettamente in linea con i caratteri stilistici del genere «comico». Ideologicamente lontano dallo stilnovismo, A. si oppone a esso sia nei sonetti amorosi per Becchina, l’anti-Beatrice, con modi parodistici e dissacranti, sia in quelli corresponsivi con Dante, dove contraffà in scherzi e sberleffi sguaiati i moduli del dolce stile. Più vibranti e originali, anche se viziate da una certa teatralità, le rime goliardiche (fra cui i celebri sonetti S’i’ fosse foco e La mia malinconia) dove i temi tradizionali dell’improperium e del vituperium vengono applicati alla cronaca familiare e personale, con l’esaltazione del vino, del gioco, del denaro, la deprecazione della povertà, l’odio per i genitori, la maledizione del mondo e della divinità.