(Firenze 1250 ca - 1300) poeta italiano. Di famiglia tradizionalmente guelfa, figlio di Cavalcante (l’«epicureo» dannato da Dante nel canto X della Commedia), fu nel 1280 tra i garanti della pace tra guelfi e ghibellini. Bianco, aristocraticamente contrario alle riforme «democratiche» del comune fiorentino, fu profondamente nemico dei Donati, in particolare di Corso, verso il quale nutrì accanita ostilità, degenerata, stando ai cronisti del tempo, in rissosi episodi di intolleranza e violenza partigiana, benché fin dal 1284 C. fosse entrato a far parte del consiglio generale del comune. Fu così tra i capi delle due opposte fazioni che vennero esiliati nel giugno del 1300, per decisione dei priori, al fine di riportare la pace in città (tra i priori era il collega e amico Dante). Poco più di due mesi dopo, in seguito a un’amnistia, dal confino di Sarzana poté rientrare a Firenze, dove, nello stesso anno, morì.Di C., di cui Dante ci dice che amò Vanna (Giovanna, detta Primavera), ci sono pervenute solamente 52 rime (36 sonetti, ivi inclusi quelli di corrispondenza con Dante, Guittone, Guido Orlandi ecc.; 11 ballate; 2 canzoni e 2 stanze isolate; 1 mottetto); ma anche un così angusto canzoniere riflette compiuta l’immagine di un autentico temperamento di poeta. C. rovescia, entro l’alveo dello stilnovo, le posizioni guinizelliane, dalle quali pure ha preso le mosse, giungendo a una rappresentazione tragica e crudele dell’esperienza sentimentale, segnata da un profondo pessimismo. Nel proprio essere affettivamente dilaniato, all’interno di un mondo astratto e distaccato dagli eventi biografici, egli raffigura lo scontro drammatico prodotto nei sensi del corpo (personificati in occhi, cuore e mente) dalla forza sconvolgente di Amore, che suscita morte.Senza contrapporsi alla tradizione poetica, e anzi rinnovandola internamente, la ricerca psicologica cavalcantiana, probabilmente influenzata dal pensiero averroistico, trascorre dai toni fermi e icastici di una trascrizione oggettiva e impassibile (per es. il sonetto Tu m’hai sì piena di dolor la mente) a moduli dottrinari ed ermetici (la canzone Donna me prega), dalle inflessioni trepide (la ballata In un boschetto trova’ pasturella) alle cadenze elegiache (Perch’i’ no spero di tornar giammai), portando a esiti di estrema rarefazione poetica la lirica d’arte stilnovistica e aprendo la strada al diverso cammino di Dante.