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Il pregio dell'opera sta nella mirabile analisi sociale e culturale del fenomeno dell'antisemitismo introdotto dalla legislazione fascista sulla razza. Una delle poche opere in materia che esponga rigorosamente una verità non sempre facilmente rilevabile e cioè che la comunità ebraica di Parma prestò ampio consenso al fascismo fino alle leggi razziali. Argomento difficile da trattare, ma esposto da Sicuri con esatta e documentata analisi dei nomi delle famiglie e degli esponenti che aderirono al fascismo prima della svolta razzista del 1938. Ebraismo non equivalse ad antifascismo, quindi, secondo questa colta analisi sociologica del fenomeno e probabilmente l'evoluzione del fascismo in senso franchista anziché nazionalsocialista avrebbe assicurato la permanenza nella classe dirigente del littorio romano di una ampia rappresenta giudaica aderente alla "rivoluzione" dei fasci fin dalla sua nascita. Commuove e affascina l'esame partecipato e sofferto di casi emblematici della disperazione e della tragedia di una comunità e di un popolo devastato da una inspiegabile e irrazionale persecuzione fondata su un sistema giuridico ridotto a codice vergognoso di una ideologia di sopraffazione priva di ogni razionale fondamento. La bastonatura insensata ed immotivata in piazza a Parma, nell'ottobre del 1941 da parte di una squadra fascista dell'avvocato Alberto Vigevani, esemplifica la odiosa e balorda violenza contro l'ebreo considerato responsabile di ogni rovina soprattutto nel periodo bellico in cui l'imminenza del disastro era ormai palese. La denuncia della collusione delle autorità statali e di polizia, come l'ultimo questore fascista di Parma Francesco Spanò, zelante nel sollecitare i carabinieri ad "intensificare la vigilanza nei confronti degli ebrei" o il prefetto Zingale evidenzia come dietro la deportazione nei campi di sterminio di settanta ebrei di Parma oltre che l'apparato fascista vi fosse anche lo zelo del pattume borghese insediato nei posti di comando.
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