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E' illuminante la sintetica frase di Fuà sul "modello di imprenditore: l’imprenditore civilmente e culturalmente impegnato". Nelle ascendenze e contatti con le comunità ebraiche e centri di socialità frequenta "buoni maestri" costruendo una fertile rete di relazioni, anche nelle sue obbligate peregrinazioni dopo il collegio Mussolini per Milano, Losanna, Ginevra, ecc. conosce Olivetti e la sua casa editririce, sposandone la segretaria (anch’essa ebrea) fuggendo dal fascismo in Svizzera. Segue le pubblicazioni e traduzioni, al contempo viene incaricato in enti pubblici,abbandonando il liberalismo riformista per il socialismo reale. Entra nell’Ece grazie a Steve(Myrdal e Kaldor) per affrancarsi dalle necessità economiche. Quindi è consulente al Banco di Sicilia 1953,all’Onu per 4 anni, approdando all’ENI grazie a Mattei (nonostante le pressioni di molti per non farlo assumere) costituendo un gruppo di indipendenti ricercatori (Ruffolo,Spaventa, Pedone, Sabino Cassese, ecc.). Il modello è l’IRI nel compito sociale ma anche politico, però è critico (relazioni, Pianino) nella consapevolezza che, per asset e dimensioni, l’ENI incide assai nell’economia nazionale. La sua passione è la ricerca sul modello di sviluppo e la programmazione economica, anche nelle varie problematiche dello intervento statale, dei monopoli, del meridionalismo. Per Ruffolo, Fuà con Sylos Labini incarna la corrente del keynesismo che si salda con il riformismo socialista di Giolitti, in un intrico di forze diverse: componente vicina al cattolicesimo sociale di Saraceno, agli eredi del progetto olivettiano e alla corrente liberale che fa capo a “il Mondo”. Nel rapporto tra pianificazione nazionale e territori evita la confusione col collettivismo. Propugna il metodo learning by doing che rinvia alla bottega artigiana, nell’economista come scienziato sociale,comprensione dei problemi e uso degli strumenti senza essere specialista di tutte le discipline perchè il mondo ha bisogno di generalisti
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