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Non sono d'accordo con Flavio Essatre sulla mediocrità del libro, anzi trovo che le informazioni storiche siano molte considerando che le fonti di quel periodo sono scarse specialmente per il primo cinquantennio del V sec. E' un saggio storico, e Brandt si limita a raccontare la "storia" senza dilungarsi con discorsi sull'arte, la lingua, le fonti dell'epoca. La TETRARCHIA, e il suo fallimento, è l'argomento più affascinante e complicate del periodo, Brandt lo sa raccontare con semplicità e senza tralasciare nulla. Se lo paragoniamo agli altri saggi de "Il Mulino" ci si rende conto che questo è uno dei migliori. Agli appassionati lo consiglio, io l'ho già letto due volte.
Come narrare 3 secoli di intensissima storia in meno di 100 pagine. Assolutamente inutile: con Brandt si riconferma il fatto che non esiste ancora un buon libro accademico (almeno in lingua italiana) sul periodo tardoantico.
Recensioni
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Il Giano bifronte che campeggia sulla copertina del volume, secondo una similitudine dell'introduzione, ben esprime il carattere dell'epoca tardoantica, ricca di elementi di continuità e al tempo stesso rottura con l'antichità, e che racchiude in sé i semi di ciò che da essa dovrà nascere con dirette conseguenze sul nostro essere d'oggi. Questo agile volumetto, edito per la prima volta a Monaco nel 2001, e ora a disposizione in lingua italiana grazie alla bella traduzione di Alessandro Cristofori, presenta una sintesi estremamente chiara e accurata delle vicende politiche e, di riflesso, culturali dell'impero romano dall'ascesa di Diocleziano (284) alla morte di Giustiniano (565). Su un periodo storico sul quale sono stati versati fiumi di inchiostro, Brantd fornisce un testo denso di informazioni e di piacevolissima lettura, che, pur nell'esigua estensione, non si limita a un elenco di date e avvenimenti, ma traccia possibili linee di interpretazione, non rinunciando a citare e commentare brani di fonti. Apprezzabile anche la nota conclusiva contenente consigli di lettura, opportunamente aggiornata con opere disponibili in lingua italiana. Forse meno convincenti sono le poche pagine conclusive, in cui appena s'accenna alle eredità che quest'epoca ha lasciato alla nostra: ma per questo ci vorrebbe un altro volume e di ben altra estensione.
Edoardo Bona
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