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Anno edizione: 2013
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Perfetto il brio che si ritrova in questo romanzo in cui Ignazia si inventa in modo singolare. Fa pensare il capovolgimento del punto di vista. Linguaggio forse estremamente colloquiale. Bella la parte in cui ci sono le riflessioni filosofiche. Nel complesso però non so se consiglierei la lettura del libro.
Il libro racconta con sensibilità la vulnerabilità rimossa del corpo maschile ed è una dichiarazione d'amore per gli uomini che hanno il coraggio di combattere gli stereotipi, per sé stessi e per la società. L'empatia non nasce con "pensa se lo facessero a tua moglie o a tua figlia. Secondo me dovrebbero dire: pensa se lo facessero a te" si legge nel romanzo. Per evidenziare la pesantezza delle dinamiche di genereviene attuata la prova dell’inversione. Non sorprende che alcuni non lo abbiano apprezzato. A loro lasciate i romanzetti tranquillizzanti.
Mi "aggancio" alla recensione che precede (e di non poco, per data, per livello e per argomenti) la mia, e mi spingo un po' più in là rispetto ad essa affermando, convinto, che nemmeno la storia è fresca, nuova, originale e che dir si voglia... E' infatti il "rifacimento" al femminile, il "femminizzamento" o l'"effeminamento" (fate vobis) di una storia (ed un romanzo) in cui a seviziare era un uomo, e le cosiddette sevizie non sono altro che ribaltamenti di brani letterari in cui si descrivono donne che vengono seviziate. Insomma, qua di novità non ce n'è affatto. Quel che fa è derivativo, passa solo da maschile a femminile. Quel che dice è derivativo, anzi proprio derivato. Quel che è, poi, è una deriva totale. Nel retro della copertina ci sarebbe stato bene uno "Scemo Chi Legge".
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