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In queste poesie di William Navarrete c’è l’anima malinconica di un esule che cerca in ogni luogo fuori dalla sua patria un legame, anche solo spirituale, con la terra che ha dovuto abbandonare e che resta indissolubilmente legata al suo peregrinare, una sorta di Itaca a cui, novello Ulisse, desidera fortemente ritornare, ma che pur così vicina assume, per colpa degli uomini, le caratteristiche di un vascello che sempre più si allontana. La sua è una fatica di Sisifo, è uno strazio del cuore che nei versi trova l’indispensabile sfogo. Benché si tratti di una raccolta non tematica di poesie resta sempre presente quella malinconia di cui prima accennavo, una sorta di dolore compassato, un rimpianto che non cessa mai. Sorprende poi l’abilità di passare dal verso libero al sonetto con cui è realizzata una specie di mini silloge intitolata Divertimenti famosi. Questa intestazione non deve però trarre in inganno. Sì, William Navarrete è probabilmente uomo che sa anche ridere, ma l’amarezza di fondo lo porta a stemperare la vena umoristica che finisce con l’essere appena accennata, in una profusione di versi da cui emerge un’ironia sottile, quasi un gioco fra sé e sé per dimostrare che alla malinconia comunque non si sfugge e tutto ciò che è in contrasto a essa finisce con l’essere un semplice surrogato. Quindi una raccolta quanto mai varia da cui è possibile avere un’idea abbastanza completa delle qualità di questo grande poeta, i cui testi non sono per niente incomprensibili, pur se sovente sospesi in una dimensione irreale che dona loro un tocco di arcana magia. Apprezzabile, peraltro, è il fatto che a fronte ci sia la versione in lingua originale, il che rende possibile cogliere l’armonia e l’equilibrio dei versi. Età di paura al freddo è una raccolta di gradevolissima lettura, ma anche di contenuti di tutto rilievo, pregi che mi inducono a raccomandarvelo caldamente.
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