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recensioni di Emanuele, M. L'Indice del 2000, n. 12
Dodici saggi su un periodo di storia dell'opera italiana, di impostazione simile ma di contenuto molto variegato, apparsi in luoghi diversi, vengono saldati e pubblicati in un percorso ritmato in tre parti. I primi contributi indagano le ragioni dell'estetica di Ranieri de' Calzabigi, attraverso la sua produzione letteraria o polemica (la Lulliade, la Dissertazione su Metastasio, la Risposta di Don Santigliano); il ceppo centrale riguarda la lettura diretta dei libretti viennesi non mozartiani di Da Ponte, accompagnata da due interventi su Mozart (Mozart e la commedia nel secolo XVIII, L'enigma di Così fan tutte); rossiniana l'ultima sezione (la riflessione critica sul Pesarese negli scritti di Carpani; il saggio su dramma e ludus in Italiana e Barbiere; Per un'interpretazione del comico rossiniano). Autori, polemiche, testo poetico e musicale vengono di frequente ricondotti alla humus culturale dell'epoca, con rapidi ma decisivi excursus nel territorio della letteratura, del teatro, della filosofia contemporanei agli autori esaminati.
Succosi e intriganti i contributi più recenti, nei quali la forma dell'intervento (la relazione a un convegno) costringe il musicologo a una maggiore chiarezza espositiva, specie quando riassume alla breve i risultati dei suoi studi precedenti, per definire nuovi orizzonti: il fulcro dell'interesse rimane sempre il rapporto parola-musica nell'opera del Settecento, ma l'oggetto viene considerato di volta in volta da angolature diverse. È il caso di Mozart, autore sul quale la ricerca di Gallarati si è soffermata a più riprese nel corso degli anni; ora, nel saggio su Mozart e la commedia, l'opera del musicista viene collegata a Lessing, Diderot e Goldoni. Appassionato spettatore di teatro, a Vienna Mozart trova proprio nella commedia in prosa - più che nella tradizione dell'opera comica italiana - il modello e il riferimento estetico per elaborare la sua rivoluzione melodrammaturgica, che mira all'espressione della verità e alla naturalezza. Per Gallarati nella storia della musica si devono ancora avere saldi riferimenti: si può parlare di "progresso" e assumere punti fermi (il significato rivoluzionario della trilogia mozartiana), alla luce dei quali analizzare anche le ombre, gli episodi meno conosciuti. Bisogna leggere sempre i documenti con le lenti della prospettiva storica e conoscere bene il tessuto culturale in cui nascono i capolavori. Pertanto Rousseau viene citato più volte per interpretare Così fan tutte nel quadro della polemica contro un mondo dominato dalle regole dell'artificio (ma il codice della comunicazione artificiosa produce anche Bellezza: Mozart lo sa e lo sottolinea con nostalgia nell'enigmatica partitura); il saggio rossiniano in cui si analizzano le categorie di dramma e ludus nelle opere comiche, nonché la dimensione temporale della drammaturgia rossiniana, finisce col chiamare in causa Hegel.
Nell'ultimo contributo Gallarati svolge un'originale interpretazione del comico in Rossini, sulla scorta delle recenti applicazioni della categoria bachtiniana del carnevalesco al teatro di Plauto: teatro nel teatro, metateatro, gioco illusionistico sono le chiavi di una drammaturgia opposta a quella del "realismo quotidiano" che fa capo a Mozart. Le pagine migliori sono quelle in cui si osano lucide sintesi, senza paura di schematizzazioni, ma in ogni saggio affiora una dimensione pacata, non polemica, del parlar di musica, e del parlar bene, con un linguaggio che non conosce la provocazione, ma solo la sicurezza del taglio, la pazienza dell'analisi; su tutto si stende una prosa garbata, senza inutili complicazioni tecniche, ma attenta a evitare trascuratezze e a conservare un colore personale, in parte simile a quello di alcune pagine del suo maestro Massimo Mila.
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