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La parte di Europa che ha sottoscritto il Trattato di Maastricht cessò di avere un’unione monetaria istituzionalizzata quando, verso il VII secolo, i re barbarici cominciarono a imprimere sulle monete la propria effige in luogo di quella dell’imperatore.Negli anni Ottanta ha operato in modo cogente e positivo, imponendosi a chi doveva decidere, una logica di fondo: essa si esprime con la proposizione che libertà commerciale, piena mobilità dei capitali, cambi fissi e autonomia delle politiche monetarie nazionali non possono a lungo coesistere. Dalla contraddizione si esce trasformando il quarto termine in unione monetaria oppure erodendo, in varia misura, i primi tre termini. Questa proposizione costituisce il principale leitmotiv degli scritti del libro.La banconota, unico prodotto industriale che va nelle mani di tutti, che ognuno accetta da uno sconosciuto con la semplice verifica di uno sguardo, simboleggia più di ogni altra cosa il potere dello Stato. Molto più dell’economista e dello stesso banchiere centrale, l’uomo politico e il cittadino avvertono che non avrebbe senso unificare la moneta in Europa se non ci si collocasse nella prospettiva di un’unione politica. La presa di coscienza di tutto ciò si sta compiendo ora. Gli scritti raccolti in questo volume (corredati di una cronologia e dei testi ufficiali sull’Unione economica e monetaria) sono gli studi e gli interventi compiuti dall’autore in un arco di dieci anni di intensa partecipazione alle vicende monetarie della Comunità. Essi costituiscono un’insostituibile guida per comprendere il processo – economico, politico, diplomatico – che ha condotto alla firma del Trattato di Maastricht.
scheda di Bellofiore, R., L'Indice 1993, n. 1
La produzione, anche dei libri, prende tempo. La moneta e la finanza hanno invece orizzonti temporali molto più immediati soprattutto nelle crisi. È quanto vien da pensare rileggendo, in questa utile raccolta, molti scritti di Padoa-Schioppa (più qualche inedito). Padoa-Schioppa è stato artefice tra i più significativi della strada che ha portato dallo Sme dei primi tempi al piano Delors e al trattato di Maastricht. I diversi saggi, oggi capitoli del libro, sono stati scritti nell'arco di dieci anni, dal 1981 al 1991, sono stati accuratamente collazionati e rivisti prima del giugno 1992 - data del referendum danese contrario all'adesione a Maastricht, che dà origine ad alcune considerazioni incluse in una postilla - e ora sono disponibili in libro: dopo l'attacco speculativo alla lira, la svalutazione e l'uscita dallo Sme assieme alla Gran Bretagna, l'incertezza sul futuro degli accordi di cambio e della progettata unificazione monetaria europea.
Il tono dell'introduzione, che ben sintetizza il percorso logico dell'autore, è improntato ad un non celato ottimismo, alla sensazione che non poca strada è stata fatta. Secondo Padoa-Schioppa, negli anni ottanta l'affermarsi di una filosofia economica orientata al "libero" mercato, di una filosofia politica dello "stato minimo" e di una filosofia monetaria incentrata sull'"autonomia" della banca centrale avrebbe felicemente, e paradossalmente, congiurato a favore dell'accettazione generale di quell'innovazione istituzionale cruciale che è l'unione monetaria europea imperniata su un unico istituto d'emissione. Si è trattato, a parere dell'autore, di un esito positivo ed opportuno, anche se per nulla inevitabile. Libertà commerciale, piena mobilità dei capitali, cambi fissi e autonomia delle politiche monetarie nazionali configurano infatti un "quartetto inconciliabile". Il trattato di Maastricht lo armonizza, almeno nelle intenzioni, abolendo la pluralità delle "teste" monetarie.
Gli eventi degli ultimi mesi hanno però aumentato le incognite, e una qualche traccia la si ritrova appunto nella postilla. L'impressione del lettore di oggi è che la contraddizione del "quartetto" fosse stata in effetti soltanto spostata dal trattato, dando luogo a vere e proprie aporie foriere di disgrazie. Chi è convinto dei vantaggi dell'unione monetaria quale motore della convergenza reale delle economie europee non può che pensare che la moneta unica dovrebbe essere costituita immediatamente, e non debba essere invece sottoposta ad una lunga, e perigliosa, transizione quale quella stabilita nel trattato. Chi all'opposto sospettava che unificare le monete senza preventivamente promuovere un avvicinamento reale delle varie aree fosse causa di disequilibri crescenti tra "ricchi " e "poveri", e facesse presagire una instabilità esplosiva nello stesso processo di unificazione europea, non può che vedere confermati i propri dubbi da quel che è successo.
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