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A quasi un quarto di secolo dalla sua pubblicazione, Europeana mantiene intatta la sua carica trasgressiva verso fatti e vicissitudini del XX secolo. Il '900 viene passato al setaccio da una prospettiva obliqua che ne mette in evidenza i paradossi e le incongruenze. Se il delirio delle ideologie e delle religioni, portatrici di violenze e di brutture ingiustificate, sono giustamente stigmatizzati, verso le molte correnti culturali e scientifiche e le mirabolanti invenzioni, più o meno razionali, del penultimo secolo, l'autore usa l'arma dell'ironia con sottile intelligenza ed arguzia. Una controstoria a tutti gli effetti, da leggere e su cui meditare.
Ottimo libro che racconta la Storia in modo tremendamente efficace.
Questo è uno dei libri che non lasciano indifferente il lettore: o lo si ama o lo si odia. Scritto al sorgere del XXI secolo, il testo è a prima vista un'accozzaglia di frasi apparentemente poste a casaccio, a volte ripetute a distanza di una decina di pagine, senza alcuna virgola a scandire il pensiero - e in compenso con una pletora di "e", come un bambino che continua ad aggiungere parole: al povero Andrea Libero Carbone si deve essere annodato il cervello per tradurlo otimamente - e senza nemmeno seguire una scansione temporale: puoi trovare scritto "nel 1935 è successo questo e nel 1907 è successo quest'altro", proprio come se ci si fosse appiccicato in memoria un testo senza averlo capito e si cercasse di ripeterlo senza ricordarselo bene. Leggendolo risulta però chiaro che la scelta di spaccare in migliaia di pezzi la storia europea del secolo scorso per riappiccicarla in quel modo ha un senso ben preciso: lasciare da parte la retorica del qui-ed-ora che ievitabilmente fa capolino nel caso di avvenimeni non troppo lontani da noi per mostrare come invece questi cent'anni hanno spiazzato tutti, a partire dagli storici e dai sociologi. La citazione in quarta di copertina della Barbie vestita da prigioniera di un campo di concentramento segue immediatamente un frammento sulle vittime ed è seguita dalle affermazioni di chi difende la scelta "per far conoscere alle nuove generazioni il problema"; la frase sugli hypercittadini sembra fatta apposta per noi italiani. Non è un caso che il libro sia stato ripubblicato da Quodlibet che si è sempre lanciata sulla sperimentazione linguistica.
Recensioni
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Patrik Ourednik, autoritratto del secolo in breve
"Europeana" è uno dei libri più apprezzati dello scrittore e traduttore praghese Patrik Ourednik. L’autore lo pubblicò nel 2001, e quattro anni dopo fu possibile leggerlo in italiano, per i tipi della palermitana :duepunti. Ora lo ripropone Quodlibet.
Cos’è "Europeana"? Cominciamo col dire cosa non è. Non è un romanzo storico. Non ricorre a materiali di fantasia e non dà rilievo a specifici personaggi e vicende. Non ci sono protagonisti, insomma, né antagonisti; non c’è una trama e non c’è suspense romanzesca. Ha l’aspetto di un saggio sui generis, ma trascura scrupolosamente tutti i precetti della buona saggistica. Anzi, li ribalta uno a uno: il prima e il dopo vengono invertiti e accostati, il rigore argomentativo è assente, la sobrietà espositiva è intermittente e, in ogni caso, è interrotta da guizzi di ironia nera. Naturalmente, il lettore non troverà neppure una bibliografia in coda al testo o un apparato di note. È forse una di quelle forme ibride che incrociano realtà e finzione e si rifiutano di indicare dove termina la prima e dove inizia la seconda? Neppure.
"Europeana" è allora, forse, la storia del secolo breve così come la scriverebbe un alieno particolarmente longevo e dotato di un certo sense of humor . Un alieno, dico, perché tra queste pagine i riferimenti spaziali sembrano del tutto trascurabili. Si percepisce la Terra esattamente per quello che è: un piccolo punto infinitesimale perduto in mezzo al niente, o in mezzo al tutto, che è lo stesso. E allora, stando così le cose, che importanza volete che abbia soffermarsi sulle caratteristiche geopolitiche dei luoghi? Dalla Finlandia si passa all’Italia e dall’Italia agli USA. Un extraterrestre (magari uno che non sia un Hobsbawm redivivo, non si sa mai) farebbe lo stesso, no? Per quanto riguarda l’elemento temporale la situazione non cambia. È tutto caoticamente mescolato, in questo bazar storico che accosta cianfrusaglie a oggetti di valore (del resto da lassù non è mica facile distinguere) e che è l’apoteosi del relativismo.
In un certo senso, questo piccolo gioiello letterario fa l’effetto di una gigantesca parentesi. Chi lo leggerà avrà la sensazione di incappare in un inciso, in uno spazio vuoto tra qualcosa e qualcos’altro, uno spazio riempito all’inverosimile di accadimenti e resoconti connessi in qualche modo all’argomento principale. Solo che un argomento principale non c’è, non al di fuori della parentesi. Provate a immaginare una serie di rette tangenti una circonferenza che non esiste. Se non riuscite a farlo è perché non vi siete ancora immersi in Europeana.
Forse, però, c’è anche altro. Soprattutto altro. Il rifiuto delle gerarchie e il porre tutto sullo stesso piano non giustifica uno straniamento così forte. Del resto, ci siamo abituati (vedi alla voce “postmodernismo”). Certo, la prima guerra mondiale è affiancata alla vendita di sperma su internet e la rivoluzione dei costumi degli anni Sessanta fa il paio con le righe su Scientology, ma ciò che davvero sorprende è lo status schizoide della voce narrante. Il distacco di chi vede il mondo dall’alto implica, unitamente al ridimensionamento di fatti solo apparentemente epocali, una certa compostezza stilistica. Lo sguardo dell’osservatore extraterrestre sarebbe simile, immagino, a quello dell’entomologo che scopre l’esemplare di una nuova specie. Qui, invece, il narratore assume nella sua stessa voce il disorientamento e l’empatia di chi è ancora del tutto immerso nel mare magnum novecentesco.
Recensione di Marco Giorgerini
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