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Anno edizione: 2019
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Affermare e promuovere la «cittadinanza familiare», intesa come diritto dei componenti di una stessa famiglia a vivere insieme, a riunirsi se divisi da un confine, a non essere separati forzatamente, a condividere la medesima cittadinanza nel paese che abitano: di fronte alle politiche migratorie attuali, questa è una sfida oggi cruciale.
Quando si parla di famiglia, sul piano politico, etico e anche religioso e dell'importanza della sua integrità, si pensa sempre solo alle famiglie autoctone, raramente a quelle degli immigrati e tantomeno a quelle separate dai confini o dalle politiche migratorie. Ogni migrante finisce per avere almeno tre famiglie: la prima è quella del paese d'origine, immersa in un contesto sociale conosciuto che l'accompagna e la sostiene; la seconda è quella che deve affrontare la prova della separazione, quando uno dei membri adulti parte per cercare lavoro all'estero; la terza è quella che si ritrova nel paese di immigrazione, completamente o parzialmente (a seconda delle politiche sul ricongiungimento familiare): un «lieto fine» agognato che si trasforma spesso in un ricominciamento carico di incertezze. Sebbene in Europa negli ultimi anni, a fianco del riconoscimento dell'integrità familiare come diritto umano si fossero, più pragmaticamente, favoriti i ricongiungimenti per contrastare l'anomia degli immigrati, le politiche «sovraniste» con la contrapposizione netta tra «noi» e «loro» stanno erodendo tale possibilità e riportando una politica restrittiva.Indice
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