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Anno edizione: 2016
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Come non essere grati a un uomo che, temendo un giorno di scoprirsi addosso il marchio d’infamia della produttività, in quasi sessant’anni pubblica appena otto libri? Esempio di radicale avversione allo spirito dei tempi, Cossery può essere accostato unicamente a quelle indolenti divinità che si sono ritirate una volta per tutte dalla loro stessa creazione e dimorano in un otium definitivo e compatto. Il sonno (o il torpore da hashish che ne è il più immediato succedaneo) è il solo dogma di questa singolare religione. Favorirlo con ogni mezzo, un dovere morale ineludibile. Da leggere e meditare. Senza alcuna fretta, naturalmente.
Libro letto per caso e devo dire che è stata una piacevole scoperta. Racconta la pigrizia, l'indolenza di una intera famiglia la cui occupazione principale è dormire e, in un certo senso tramite il sonno, estraniarsi dal mondo circostante. Approfondirò l'autore.
Recensioni
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Una casa di campagna cupa e immersa nel sonno perenne dei suoi abitanti fa da contrasto all’assolata e torrida valle del Nilo che la circonda; è principalmente in questa dimora che si svolge la vicenda del romanzo di Cossery, egiziano ma di penna francese. In un luogo dove il riposo è d’obbligo e qualsiasi altra attività è considerata una pazzia, Serag, il più giovane di tutti i fratelli della famiglia, subisce una trasformazione lenta ma costante fino alla fine: il suo sogno è quello di riuscire, prima o poi, a lavorare. Solo lui si avventura all’aperto, e visita di tanto in tanto una fabbrica in costruzione oramai abbandonata da anni, nella speranza di poterci lavorare. Con il tempo, comprende che deve fuggire da quella situazione stagnante, recarsi in città e trovare un lavoro vero e proprio. Ma la famiglia incombe pesantemente sul suo progetto: i due fratelli più grandi lo credono pazzo, hanno paura che Serag possa turbare la loro condizione di nullafacenti. Anche il vecchio padre, Hafez, si oppone alla risoluzione del figlio e lo accusa addirittura di voler disonorare il nome della famiglia, dato che lui stesso ha permesso a tutti di vivere in condizioni agiate senza il bisogno di lavorare. Con il procedere della storia, l’apatia totale della casa degenera e i pochi tentativi di azione falliscono. Hafez decide di risposarsi con una ragazza ma non avrà successo, sia a causa di un’ernia oramai impossibile da curare, sia perché la mezzana incaricata di combinare il matrimonio viene cacciata dalla casa da uno dei figli, preoccupato per la possibile compromissione del suo letargo. Anche Serag, il più attivo ed intraprendente, fallirà nel suo progetto lavorativo addormentandosi sulla strada verso la città. Per questa famiglia borghese, il sonno è un mantra da seguire, una religione, è la vita stessa. Più che veri e propri fannulloni, questi ragazzi sembrano essere difensori di una regola di vita assoluta. Con una trama semplice ma conturbante e con dialoghi spesso comici che rasentano il limite dell’assurdità, Cossery regala una storia che finisce col sottolineare il valore del riposo e della tranquillità. Nella giungla frenetica dell’oggi, nell’impegno e dovere lavorativo che assorbe ogni minuto possibile, l’invito è a rallentare e a comprendere che il lavoro non è tutto per l’essere umano. Il sonno è essenziale e bisogna trasformarlo in atto di libertà, senza sprofondare in quel letargo perenne che comunque Cossery denuncia con ironia poco velata.
Recensione di Chiara Armando
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