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Un libro interessante da cui è possibile vedere aspetti meno conosciuti del pensiero di Rousseau.
Se le fantasticherie di Rousseau sono un interessante e gustoso viaggio nella quotidianità di un grande pensatore giunto ad un' età dove la parte razionale faceva spazio alla contemplazione e meditazione del mondo, l' introduzione del testo, anzi, il saggio di Jean Starobinki è un qualcosa che arricchisce in modo assolutamente completo il libro. Le testimonianze vere di coloro che lo avevano incontrato un paio di anni prima della sua morte, l' analisi accurata di questi suoi ultimi scritti, l' esplorazione del periodo storico e ambientale sono quella introduzione che ogni libro riguardante un personaggio storico dovrebbe avere. Darei anche sei stelle se fosse possibile. Consigliatissimo sia per chi apprezza le opere di Rousseau sia per chi ama approfondire i particolari della vita dei personaggi storici del passato.
ottimo, libro da cui emerge l'essenza della religiosità di Rousseau, il Rousseau romantico, intimista
Recensioni
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Tra le pagine più belle della letteratura moderna, Le fantasticherie sono il risultato degli appunti che un anziano Rousseau prendeva nel corso di lunghe passeggiate, meditando sulla natura, sull’uomo, sul rapporto tra sé e gli altri.
Il grande filosofo illuminista, isolato e ormai messo al bando dalla società francese, non pensava che queste pagine sarebbero state pubblicate, così le scrisse senza avere in mente un destinatario. Per questo Le fantasticherie affidano al lettore il ruolo singolare dell’intruso che scopre un segreto, dell’indiscreto che viola l’intimità di una vita.
Rousseau ritrova nelle sue lunghe peregrinazioni in campagna, lontano dai luoghi mondani della Parigi del Settecento, gli ultimi momenti di serenità: “A dispetto degli uomini, saprò gustare ancora la gioia della società e vivrò decrepito con me in un’altra età come se vivessi con un amico meno vecchio”.
Enrico Brizzi ammonisce che “nella nostra epoca veloce ed esasperata suona con nuova forza l’invito di Rousseau a puntare l’aperta campagna, lasciandoci alle spalle gli ampi marciapiedi della civiltà per rifugiarci nel tempo senza tempo dei sogni a occhi aperti”.
Solo così, attraverso lo sforzo mai definitivo di passare dall’estrema infelicità alla più grande felicità, l’uomo possiede la forza necessaria per sanare il dolore e riparare ai mali che si è inflitto. E quando si esauriscono la fantasia e il sogno, subito, si para, a soccorrere e a riempire il vuoto, il mondo sensibile, l’universo muto del mondo vegetale, con le sue varietà, i suoi colori, le sue strutture.
Nell’epoca fitta di urgenze che ci troviamo a vivere, appare ancora possibile sfuggire alla vacuità dei cerimoniali per raccoglierci vicino alla terra, liberare l’anima e interrogare quanto abbiamo di più sacro?
Prefazione di Enrico Brizzi
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