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Una favola morale senza tempo che mette in guardia dal tremendo fascino del potere, valida oggi come nei giorni in cui è stata scritta.
Tutti gli animali sono uguali ma alcuni animali sono piú uguali degli altri. È questa l'amara lezione che le umane bestie della Fattoria Padronale imparano dopo aver detronizzato il fattore Jones, e aver instaurato il loro governo. In poco tempo infatti una grufolante élite, guidata dal maiale Napoleone, trova il modo di salire sullo stesso trono che prima era stato del fattore. Cosí gli altri animali scoprono che uguaglianza e libertà, in bocca a chi desidera il controllo assoluto, sono soltanto parole, e si ritrovano sotto il giogo di una nuova tirannia dal volto diverso ma identica alla precedente. Perché come è accaduto sempre nella Storia, e come continuerà ad accadere, a un potere immancabilmente se ne sostituisce un altro.
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Si tratta di un racconto favolistico che in realtà è una grande allegoria con cui l'autore critica lo stalinismo, ovvero il "tradimento della rivoluzione bolscevica, il suo trasformarsi dapprima in una dittatura e poi in un regime totalitario tale da annichilire ogni libertà individuale" (dall'Introduzione di Luca Manini all'edizione di "Liberamente"-RL S.p.A.). Ogni personaggio è una "palese proiezione dei protagonisti della rivoluzione bolscevica: il Vecchio Maggiore è Lenin; Napoleone è Stalin, Palla di Neve è Trozky; il signor Jones è lo zar Nicola II" (dall'Introduzione di Luca Manini all'edizione di "Liberamente"-RL S.p.A.). Orwell non critica, quindi, il marxismo in quanto tale, ma la degenerazione che esso ebbe nell'Unione Sovietica di Stalin. D'altronde egli partecipò da repubblicano alla Guerra Civile in Spagna e a Barcellona si arruolò nelle file del POUM (Partido Obrero de Unificación Marxista, d’ispirazione trotzkista). Possiamo dire che, questa favola dell'autore britannico, fu una satira scritta per "mostrare all'Europa ciò che l'Unione Sovietica è davvero, ossia uno Stato che distrugge la libertà individuale" (dall'introduzione di Luca Manini all'edizione di "Liberamente"-RL S.p.A.). Un racconto che denota grande onestà intellettuale, ma forse un po' di miopia da parte dello scrittore, il quale non si rese conto che, senza la Rivoluzione bolscevica, lo stalinismo non sarebbe potuto esistere.
Ad un secolo di distanza dalla rivoluzione d’ottobre leggere questo piccolo romanzo di Orwell continua a lasciare l’amaro in bocca, poiché “La fattoria degli animali” altro non è se non una tristissima rappresentazione della fine della più grande illusione che aveva caratterizzato il passaggio dal XIX° al XX° secolo, ossia che fosse possibile realizzare un’alternativa alle diseguaglianze della società capitalistica, un nuovo paradigma dei rapporti umani in grado di anteporre la giustizia sociale e la condivisione di un patrimonio comune agli egoismi individuali. Tale possibilità, ancora una volta e (probabilmente) per sempre, è stata negata dalla brutale realtà della storia. Al di là della vivida satira della ferocia stalinista, ciò che Orwell sembra voler evidenziare è soprattutto l’incapacità delle collettività sociali di difendersi dalle derive autoritarie e demagogiche e di determinarsi secondo modalità ispirate alla cooperazione ed alla non violenza. In questo senso “La fattoria degli animali” travalica l’allegoria del bolscevismo sovietico e diviene qualche cosa in più: una riflessione sul potere politico e sulla sua “naturale” tendenza a strutturarsi in senso oligarchico ed al contempo populista, sia nei regimi autoritari o totalitari che in quelli liberal – democratici i quali ultimi, pur tuttavia, continuano a costituire il “male minore”. fa riflettere
Scrittura semplice oserei dire per bambini, concepito in questo modo appositamente dall'autore, esprime un messaggio universale che attraverserà il tempo e lo spazio, consigliato a tutti.
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