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Rari sono gli scrittori capaci, come Simenon, di portare alla luce, sotto la corteccia della rispettabilità piccolo-borghese, un verminaio di menzogne e di rancori, di ricatti e di ferocie.
«Simenon ci mostra l'abisso dietro le apparenze» - Fabio Gambaro, Robinson
Ogni mattina, da tutte le case prospicienti la spiaggia denominata, quasi fosse un presagio, Le Coup de Vague (alla lettera: «il colpo d’onda»), avanzano, nella melma e nei banchi di sabbia lasciati dall’oceano che via via si ritira, i carretti dei mitilicoltori che vanno a raccogliere ostriche e cozze. Tra loro, Jean e sua zia Hortense, «coriacea, granitica, solida», quasi fosse «fatta anche lei di calcare». È Hortense, insieme alla sorella Émilie, con la sua «faccia da suora», a mandare avanti la casa e l’azienda. E dalle zie Jean si lascia passivamente coccolare e tiranneggiare: gli va bene così, ha una motocicletta nuova, le partite a biliardo con gli amici e tutte le donne che vuole, perché è un pezzo di marcantonio, con i capelli neri e gli occhi azzurri. Quando però la ragazza che frequenta da alcuni mesi gli annuncia di essere incinta, la monotona serenità della loro vita viene travolta da qualcosa che assomiglia proprio a un’ondata, improvvisa, violenta. A sistemare la faccenda ci pensa, naturalmente, zia Hortense: basta conoscere il medico giusto, e pagare. Ma qualcosa va storto, e Jean è costretto a sposarla, quella Marthe pallida, spenta e sempre più malata, di cui le zie si prendono cura con zelo occhiuto e soffocante...Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Buono, anche se non dei migliori
La fattoria del Coup de Vague, romanzo scritto da Simenon nel 1938, non è un poliziesco, e nemmeno un noir, ma è un ritratto impietoso non solo della provincia francese, ma anche delle tensioni e degli attriti che sorgono, quasi inevitabilmente, in una famiglia. La vicenda si svolge in un villaggio francese caratterizzato dall’attività della miticoltura e spesso all’interno della fattoria del Coup de Vague, il colpo d’onda. C’è un nipote di nome Jean, un ragazzone di bell’aspetto, che non si sa di chi sia figlio, e due zie zitelle, Hortense ed Emilie, estremamente possessive. Fra una raccolta e l’altra di ostriche (riuscitissime le descrizioni al riguardo) Jean, che è di bell’aspetto, come una farfalla coglie dei giovani fiori e tutto procederebbe tranquillamente se non accadesse che una delle ragazze, Marthe, rimane incinta. Ecco l’avvenimento che travolge come un’ondata la vita di questo nucleo familiare, chiuso e quasi inaccessibile. Dal momento in cui il ragazzone comunicherà alle zie l’incidente, cioè l’aver ingravidato una ragazza, nulla sarà più come prima e avverranno una serie di fatti, strettamente concatenati, che riveleranno un mondo di grettezza e di malanimo. Però le carie zie, le megere per gli altri abitanti del villaggio, faranno di tutto per ristabilire la situazione come era sempre stata prima del fatto e poco a poco ci riusciranno. La fattoria del Coup de Vague è un buon romanzo.
Non si salva nessuno nel mondo di Simenon. Mai. Nemmeno stavolta. Un intreccio che si adatta perfettamente all’ottusità della mentalità di certi paesi, con i loro personaggi grotteschi; più tragici che ridicoli nella loro meschina ipocrisia, indipendentemente dallo status; che siano essi protagonisti o spettatori degli eventi. Ancora una volta – e che si tratti o meno di Simenon – ciò che alimenta la mediocrità di queste esistenze, fino a renderla spregevole e patologica, è un segreto da mantenere a tutti i costi inviolato e inaccessibile. Il mare diventa una perfetta metafora: con le sue maree, protegge e nasconde per poi, ritirandosi, riportare alla luce ciò che non si deve sapere; lentamente, flusso dopo riflusso. Non salva nessuno, Simenon, nemmeno le vittime; sempre più insofferenti verso la loro prigione e sempre più ancorate ad essa man mano che la consapevolezza della loro condizione cresce. E’ bravo Simenon a farci sentire – ecco di nuovo i movimenti del mare - il lento avanzare della presa di coscienza di Jean che si annichilisce nella sua impotenza, nella sua inettitudine, per poi ribellarsi e poi rinunciare e ancora, e ancora... È molto preciso, Simenon, persino drammatico, nel definire i personaggi; ancor di più nell’assimilare il ménage che vige nella fattoria a quello di una vecchia canonica, dove ruoli precisi assolvono ai loro compiti quotidiani in un silenzio e in una quiete anomali, pesanti, gravati dal peso della finzione e dei vincoli malati di potere. La “parentesi Simenon” non ha deluso le aspettative nemmeno stavolta.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Un altro magnetico romanzo duro di George Simenon, asciutto nello stile, corposo e inarrestabile nel plot. Altre anime grigie imbevute di vite da nulla. Altre atmosfere rarefatte, in una terra da giornate monotone. La bisaccia del papà di Maigret, specie senza il commissario, non sembra esaurirsi e il nuovo recupero della casa editrice Adelphi, nella traduzione di Simona Mambrini, è La fattoria del Coup de Vague (142 pagine, 18 euro). Un gioiello, un romanzo cucito di incertezze, menzogne, sospetti, che parte forte, dopo sei pagine una scoperta sconvolge il destino di un giovane, poi scorre implacabilmente come un fiumiciattolo, ma alla fine rompe gli argini…
Solo il ritmo delle maree resiste, altre regolarità e la calma apparente di quell’angolo di provincia francese fanno in fretta a frantumarsi. La salute sempre più cagionevole di Marthe – che nel marito accende dubbi a proposito del passato – compromette tutto e porta a un piano perverso. Qualcosa di cui lo stesso Jean finisce per rendersi conto e prendere coscienza, quando è lontano, alle prese con una fantomatica missione di lavoro, quando tutto è perduto, o forse quando tutto può ricominciare. Squallore senza amore. La maestria di Simenon consiste nel far emergere lungo il sentiero rancori mai sopiti e inganni delle apparenze: vengono a galla opere e omissioni, paure e miserie e dolori silenziati a lungo ma non per sempre, e con una naturalezza che scorre leggera sulle pagine.
Recensione di Giovanni Leti
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