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Un po' ripetitivo nella prima parte, più profondo e interessante dalla metà in poi. È il mio primo libro di Mauro Corona, mi è piaciuta la scrittura e la semplicità con cui ha esposto il suo pensiero.
A Natale, in tutto il mondo nella mangiatoia del presepe compaiono due bambini, uno con la pelle bianca, l’altro color cioccolato. Tutti cercano subito di estirpare l’intruso, ma non c’è niente da fare: per quanto cerchino di distruggerla, la statuina ricompare sempre al suo posto. Smontare il presepe è inutile: le statuine gemelle, affiancate, ricompaiono ovunque nella casa. I potenti prendono atto del fenomeno, e danno le spiegazioni più diverse; si aprono dibattiti, si discute nei talk show in TV, razzisti e tolleranti si accapigliano. Molti non sono come vogliono apparire: in pubblico sostengono l’uguaglianza di tutti gli uomini, in privato sono intolleranti e crudeli. La storia è il seguito di “Una lacrima color turchese”, in cui Gesù bambino spariva dai presepi, che Corona cita ripetutamente. Lo spunto è interessante, perché davvero il Natale è una festa ipocrita in cui si scambiano doni e auguri, ma nell’animo nulla è cambiato e il giorno dopo si torna alle vecchie abitudini. Come in “La fine del mondo storto” Corona trasforma però un’idea condivisibile in una lunga invettiva, in cui rimescola e ripete sempre gli stessi argomenti, con luoghi comuni e banalità. Se la prende con tutti quelli che gli sono antipatici, dai politici, di cui fa nomi espliciti, alla mafia, ai razzisti, gli omofobi, i guerrafondai. Tutti sono falsi, bugiardi, ipocriti, violenti, invidiosi. Pochissimi sono gli eletti e Corona ne prende due a simbolo, forse discutibile, per salvare la pace nel mondo, costruendo una storiella edificante. Non perde occasione di lanciare frecciate ai colleghi che gli sono antipatici, mentre loda in modo aperto gli amici, scrittori o cantanti. Corona ha scritto pagine di grande poesia, ma qui, come in altre occasioni, si lascia prendere la mano da polemiche e rancori, e anche se lo stile è scorrevole, per quanto ripetitivo, la lettura può diventare sgradevole. Almeno, ha contenuto la storia nelle dimensioni di un racconto.
Delusione totale. Per tutta la durata del libro non fa altro che ripetere le stesse cose su come distruggere il Gesù bambino nero e su due bambini uno bianco e uno nero che sono stati salvati da latte di capra e di pecora. Va bene la "favola" cattiva sul natale per raccontare tutto il razzismo, la xenofobia ecc.. che c'è nel mondo ma dopo aver fatto la lista il libro alla terza pagine si può ben dire finito. Meglio leggere "una lacrima color turchese" almeno li c'era una storia di fondo. Qui sono una lista di personaggi noti della tv e della radio che dicono la loro sul bambino nero del presepio. Non lo consiglio a nessuno, ma se volete leggere dei bei libri di Mauro Corona, comprate i primi che ha scritto, quelli si che sono molto belli, ti prendono e ti assorbono completamente.
Recensioni
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Senza grandi giri di parole Mauro Corona ci inchioda alle nostre responsabilità. Ci invita a riflettere, lanciandoci un monito che, alla luce dei recenti avvenimenti legati agli sbarchi dei migranti, si fa ancora più severo e urgente.
“Nessuno si chiami fuori dalla scomparsa del Bambin Gesù”. Inizia come una vera e propria invettiva l’ultima “anti-fiaba” scritta da Mauro Corona. Un personaggio che i lettori italiani hanno imparato a conoscere grazie al suo amore incondizionato per i boschi e al suo impegno per mantenere i luoghi in cui è nato e cresciuto incontaminati. Il suo paese in provincia di Pordenone, Erto, è diventato negli anni un luogo mitico in cui le voci del bosco hanno preso vita attraverso le pagine di uno scrittore capace di affabulare, coinvolgere, creare mondi fantastici. Per Mauro Corona, però, schierarsi dalla parte della natura significa anche combattere contro l’uomo e le sue costruzioni non solo materiali, ma anche e soprattutto sociali. È così che la critica diventa invettiva e le fiabe diventano veri e propri atti di accusa verso coloro che hanno tradito lo spirito della natura.
Il Natale dovrebbe ispirare una fiaba intrisa di buoni sentimenti, questa invece è una fiaba gelida, nata dalla morte dell’umanità, dalla fuga di Gesù dal presepe. Si tratta in qualche modo del seguito, o di una nuova chiave di lettura, del racconto Una lacrima color turchese (Mondadori, 2014), in cui all’improvviso la notte di Natale tutte le statuine dei Gesù Bambino spariscono. Un Cristo metaforicamente in fuga non dal Re Erode ma dalla furia del mondo intero.
Questa volta la “parabola di Natale senza luci” è l’esatto contrario della precedente: stavolta le statuine nei presepi sono improvvisamente raddoppiate. Nelle mangiatoie del nostro immaginario paesino di montagna, ma anche negli altri Presepi del mondo, la gente ha trovato due Bambin Gesù, sdraiati vicini nello stesso giaciglio, con le braccia alzate quasi stessero per abbracciarsi, uno di pelle bianca e l’altro color cioccolato.
Un “miracolo” che in breve tempo fa il giro del mondo, scuotendo anche l’animo dei più scettici. Di fronte a questo fenomeno inspiegabile, la reazione della gente è prima cauta, poi scomposta. In base al livello di crudeltà e di razzismo, dichiarato o latente, di ciascuna famiglia, ognuno mette in pratica le azioni più rocambolesche per distruggere una volta per tutte il bambino di colore, senza riuscirci. Ogni volta che qualcuno tenta di nascondere, rompere, far sparire il bambinello nero, quello ricompare.
Una favola di Natale tanto amara non era mai stata pensata, eppure, scrive Mauro Corona, d’ora in poi i racconti di Natale saranno tutti cattivi. Basta neve, campane, angeli e stelle comete. Basta false buone azioni, bisogna dire le cose esattamente come stanno, denunciare l’atteggiamento di chi si finge buono e tollerante, ma solo fuori dalle quattro mura di casa sua. Basta con questa sospensione solo apparente delle ostilità reciproche in occasione del Natale, una sospensione astuta e comoda, che dura solo per le poche ore in cui dura la festa. Basta recite. Mauro Corona dixit.
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