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Anno edizione: 2021
Anno edizione: 2021
Anno edizione: 2023
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Fausto si è rifugiato in montagna perché voleva scomparire, Silvia sta cercando qualcosa di sé per poi ripartire verso chissà dove. Lui ha quarant'anni, lei ventisette: provano a toccarsi, una notte, mentre Fontana Fredda si prepara per l'inverno. Intorno a loro ci sono Babette e il suo ristorante, e poi un rifugio a piú di tremila metri, Santorso che sa tutto della valle, distese di nevi e d'erba che allargano il respiro. Persino il lupo, che mancava da un secolo, sembra aver fatto ritorno. Anche lui in cerca della sua felicità.
«Un libro che sta racchiuso nei silenzi. Negli spartiti dei fiati, per esempio, è la virgola a dare il respiro, in poesia invece è l'andare a capo, mentre nei passi di montagna il respiro è una regola non scritta. Fiato, poesia, montagna, silenzi: è in questi elementi che si può riassumere l'ultimo libro di Paolo Cognetti.» – Eugenio Giannetta, Avvenire
«Non è un romanzo sulla solitudine e non è un romanzo sulla montagna. La solitudine e la montagna sono parti fondamentali e vive di un racconto terso sugli incontri fra esseri umani.» – Annalena Benini, Il Foglio
«Silvia rise. E di cosa sa gennaio? Di cosa sapeva gennaio? Fumo di stufa. Prati secchi e gelati in attesa della neve. Il corpo nudo di una ragazza dopo una lunga solitudine. Sapeva di miracolo.»
Arrivato alla fine di una lunga relazione, Fausto cerca rifugio tra i sentieri dove camminava da bambino. A Fontana Fredda incontra Babette, anche lei fuggita da Milano molto tempo prima, che gli propone di fare il cuoco nel suo ristorante, tra gli sciatori della piccola pista e gli operai della seggiovia. Silvia è lí che serve ai tavoli, e non sa ancora se la montagna è il nascondiglio di un inverno o un desiderio duraturo, se prima o poi riuscirà a trovare il suo passo e se è pronta ad accordarlo a quello di Fausto. E poi c'è Santorso, che vede lungo e beve troppo, e scopre di essersi affezionato a quel forestiero dai modi spicci, capace di camminare in silenzio come un montanaro. Mentre cucina per i gattisti che d'inverno battono la pista e per i boscaioli che d'estate profumano il bosco impilando cataste di tronchi, Fausto ritrova il gusto per le cose e per la cura degli altri, assapora il desiderio del corpo e l'abbandono. Che esista o no, il luogo della felicità, lui sente di essere esattamente dove deve stare. Di Paolo Cognetti conosciamo lo sguardo luminoso e la voce limpida, il dono di osservare le relazioni umane nel loro dialogo ininterrotto con la natura, che siano i boschi di larici dei duemila metri o il paesaggio di roccia e ghiaccio dei tremila. Con le loro ferite e irrequietezze, quando scappano e quando poi fanno ritorno, i suoi personaggi ci sembrano amici che conosciamo da sempre, di quelli rari. È per questo, forse, che tra le pagine vive di questo libro purificatore abbiamo l'impressione di attraversare non le stagioni di un anno, ma di una vita intera.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
La capacità di questo autore di trasportarti nei suoi luoghi è meravigliosa. L'amore per la sua terra traspare da ogni parola
Un racconto dallo stile asciutto con descrizioni anche poetiche del paesaggio (la montagna). I capitoli sono brevi e si legge facilmente sebbene il ritmo sia lento come quello della montagna che di fatto è la protagonista, come nei dipinti del monte Fuji. Sembra di sentire gli odori, il freddo e lo spirito delle passeggiate in montagna: la scrittura è davvero suggestiva! I titoli dei singoli capitoli, separati come contenuti, riassumono in poche parole l'argomento: è utile infatti rileggere il titolo dopo aver letto il capitolo, per metterne a fuoco il contenuto.
Davvero una lettura gradevole. E' il primo libro di Cognetti che leggo, e devo dire che sono piacevolmente sorpresa. Una scrittura fresca e asciutta, con bei accostamenti tra azione e pensiero, mi ricorda la Comencini. Bravo!
Recensioni
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“Con il tempo tutto diventa normale, le parti belle e le parti brutte, il cattivo gusto degli umani smette di darti fastidio e l’eleganza della terra ti fa soltanto compagnia.
Eppure penso anche che solo chi si abitua vede davvero, perché ha sgomberato il suo sguardo da ogni sentimento. I sentimenti sono occhiali colorati, ingannano la vista”.
Paolo Cognetti sa perfettamente come trasportare i lettori in un’altra dimensione, quella delle sue montagne. Anche chi non conosce l’ambiente alpino, chi non ha mai fatto arrampicata o passato qualche notte in un rifugio, dopo qualche pagina del romanzo è come se fosse totalmente immerso in questo mondo misterioso e affascinante, fatto di ghiacciai, monti da scalare e vette da conquistare.
Una volta immersi nel clima freddo e secco di Fontana Fredda si conosce Fausto, un quarantenne che si è da poco separato dalla moglie e che ha deciso di diventare il cuoco del rifugio di Babette per tutta l’estate.
A Fontana Fredda, Fausto entra in una nuova routine che impara ad amare: propone menu sempre diversi e particolari agli alpinisti che arrivano al rifugio stanchi e affamati, inventandosi piatti come le Patate alla Mario, in onore di Mario Rigoni Stern.
Silvia ha quasi vent’otto anni e anche lei ha deciso di passare l’estate in montagna e fare la cameriera, per la prima volta nella sua vita. Con Fausto inizia a scoprire la montagna tra un turno e l’altro, ma anche il freddo, la fatica dell’arrampicata e un’intimità ogni giorno più profonda.
Fausto e Silvia si trovano in momenti diversi della loro vita e si lasciano andare l’uno nell’altra secondo il proprio ritmo e i propri tempi, senza vincoli prestabiliti.
Paolo Cognetti delinea una felicità fatta di piccole cose, che poi così piccole non sono, una felicità data da profumi, sapori, oggetti, lupi che fanno ritorno, voci e sguardi che diventano familiari con il passare del tempo e che portano Fausto e Silvia a capire (forse) cosa desiderano dalla vita e da se stessi.
Caterina Cerio
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