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I termini "feudo" e "feudalesimo", o meglio i loro valori metaforici, sono ben noti alla pubblicistica politica dei giorni nostri e mostrano che un intricato sviluppo storico può essere attualizzato e semplificato, per esigenze espressive o polemiche. Da questi impieghi giornalistici parte la ricerca di Musi sul fenomeno feudale, muovendosi in direzione esattamente opposta: ne è segno distintivo non la semplificazione ma la complicazione, o meglio una "complessità ambigua". Il processo, di lunga durata, è qui studiato fra le origini medioevali e le sue varie manifestazioni nell'Europa moderna, insistendo proprio sulla molteplicità dei modelli e delle realizzazioni: in campo giurisdizionale, economico e sociale. Ne risulta una mappa estremamente differenziata eppure unitaria, dove la periodizzazione e la scansioni geografiche (fra zona mediterranea, centro-orientale e settentrionale) dipendono da fasi diverse di fioritura, ma dove è sempre riconoscibile una forma di potere fondata sul possesso unitario delle terre, sulla delega di funzioni fondamentali da parte del sovrano, sulla rendita patrimoniale dei diritti signorili. Oltre a quest'acuta sensibilità per le sfumature e le variabili del grande movimento storico, lo studio si segnala anche per la lucida analisi della dialettica feudale durante la formazione dello stato moderno: non un semplice contrasto fra due irriducibili alternative (l'affermazione della sovranità unica e la persistenza del vassallaggio), bensì un processo di "osmosi e un complesso intreccio fra collusione e collisione". Sono insomma le strategie di compromesso (come il coinvolgimento dei "gentiluomini" nella gestione del potere descritto da Machiavelli in una famosa pagina dei Discorsi) ad accompagnare il feudalesimo in una lunga serie di trasformazioni e adattamenti, fino alle soglie della crisi definitiva, nel Settecento della Rivoluzione. Rinaldo Rinaldi
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